In Campania complessivamente si può stimare che le sole concessioni relative agli stabilimenti ed ai campeggi superano il 67% di occupazione delle spiagge campane. Ciò significa che solo il 33% del litorale della nostra regione è “free”. In dettaglio sono 3.967 le concessioni demaniali marittime, di cui 916 sono per stabilimenti balneari, 137 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, mentre le restanti sono distribuite su vari utilizzi. A dirlo è il nuovo rapporto Spiagge di Legambiente, che come ogni anno fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere del Belpaese, insieme a Goletta Verde storica campagna dell’associazione ambientalista che monitora la qualità delle acque del mare che arriverà in Campania il 6 agosto.
“Le spiagge rappresentano una straordinaria risorsa del nostro Paese, sia in chiave ambientale che turistica, – dichiara Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania– ma anche spazi vissuti da milioni di persone per diversi mesi all’anno. Eppure se ne parla solo per le polemiche, in primis la Bolkestein, senza che vi sia un dibattito all’altezza di queste sfide. E’ necessario ragionare su come valorizzare queste straordinarie potenzialità e come affrontare i problemi trovando soluzioni innovative, come fanno già molti Paesi europei dove si è scelto di premiare le imprese locali che scommettono sulla qualità e al contempo garantire che una parte maggioritaria delle spiagge sia dedicata alla libera fruizione. La sfida che vogliamo lanciare ai balneari è di ragionare insieme sul futuro delle spiagge italiane partendo da una lotta ai veri nemici del litorale: l’erosione costiera, il cemento e i cambiamenti climatici. Sono i balneari i primi ad essere interessati ad avere prospettive credibili di lavoro e di sicurezza, ma anche ad isolare quanti compiono abusi e illeciti. La proposta- conclude il presidente di Legambiente Campania- è di ragionare assieme su regole per garantire un’offerta di qualità e al contempo l’accessibilità dei cittadini, su criteri che premino coloro che scommettono sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e su strutture a impatto zero”.
In Italia non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione, tale scelta viene lasciata alle Regioni che il più delle volte optano per percentuali molto basse. La Campania ha imposto un limite minimo (ed irrisorio) del 20% della linea di costa dedicato a spiagge libere. Una novità dell’ultimo anno, è la crescita dell’attenzione dei cittadini sul tema – con gruppi di cittadini che si organizzano per difendere tratti di costa minacciati – tanto che è stato fondato un Coordinamento nazionale Mare Libero costituito da comitati locali di diverse parti d’ Italia e cominciano a diffondersi anche vere e proprie proteste organizzate, come quella del 18 luglio a Napoli, quando manifestanti con bandiere dei pirati sono arrivati direttamente dal mare, in canoa, contestando la privatizzazione delle spiagge, i prezzi per l’accesso (aumentati dal 20 al 47% rispetto al 2019 sul litorale da Posillipo a Marechiaro) ed i bassissimi canoni che i gestori pagano allo Stato. Un caso limite è Pozzuoli dove si trovano 11 stabilimenti nell’ arco dei 7,6 km di costa, pari al 47,5% di occupazione, ma ci sono cancellate a bloccare l’ accesso al mare, rendendo di molto inferiore la porzione di costa di libera fruizione. A questi dati occorre aggiungere l’interdizione alla balneazione per l’inquinamento che riguarda quasi due chilometri di costa tra Cuma e il Lido di Licola.
Oltre la spiaggia, il mare. Dove però non sempre è facile fare un bagno in tratti di costa puliti, come emerge dai dati 2020 del portale Acque del Ministero della Salute, elaborati da Legambiente. Se consideriamo anche i tratti di costa non balneabili per ragioni di inquinamento in Campania un ulteriore 15,5% della costa sabbiosa risulta non fruibile. In special modo in Sicilia, Calabria e Campania in totale contano circa 73,5 km sui 90 interdetti a livello nazionale; il risultato è che la spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, ma con grandi differenze tra le Regioni.
Sempre più ricco il racconto di esperienze di gestione di qualità nel rapporto di Legambiente. Tra le buone pratiche dell’estate 2020, Legambiente segnala in Campania sulla costa del comune di Eboli dove si trova una fascia pinetata gestita dal circolo di Legambiente Silaris Eboli. Non bisogna confonderla con una semplice spiaggia libera: qui i volontari preservano l’ area con l’obiettivo di conservare la flora tipica della macchia mediterranea e proteggere l’arenile. Il circolo gestisce, cura e promuove, l’area protetta dunale da più di 10 anni. A Marina di Ascea il Posidonia Beach Club ha ricostruito la duna alle spalle dello stabilimento, spianata da precedenti gestori per realizzare un parcheggio. Inoltre presenta un impianto fotovoltaico ed un orto in spiaggia che utilizza anche a scopo didattico durante l’autunno o la primavera. A Marina di Camerota i Lidi del Parco è un marchio d’impresa creato dall’Associazione Stabilimenti Balneari Marina di Camerota in partenariato con l’Ente Parco Nazionale del Cilento. Chi ne fa parte attua la raccolta differenziata (avviata in tutte le strutture associate all’ inizio dell’estate 2005), partecipa alle diverse giornate ecologiche per la pulizia dei fondali e delle spiagge . Un’eccellenza è rappresentata dall’ Oasi dunale – Capaccio Paestum che si trova in corrispondenza della famosa area archeologica, sul litorale pestano, e che occupa una superficie di ben 16 ettari (11 di pineta e 5 di spiaggia) gestita dal circolo di Legambiente Freewheeling di Capaccio-Paestum. Negli oltre 20 anni di gestione dell’area sono stati sperimentati diversi modelli naturalistici per la cura e la difesa della fascia dunale insieme a professionisti, università e studenti. Diversi i progetti di sensibilizzazione al rispetto dell’ecosistema dunale rivolti a turisti e bagnati che accedono gratuitamente all’ oasi e alla spiaggia. Radicate le alleanze con altre associazioni e enti per animare e far conoscere l’area che negli anni è diventata una fucina di progetti e scenario di gite, studi, incontri e dibattiti. Dal percorso sensoriale alla macchia mediterranea per non vedenti, la costruzione di passerelle per permettere a tutti la discesa a mare, i campi di volontariato per il supporto estivo, il collegamento con l’area archeologica di Paestum attraverso la cura del percorso degli Argonauti d’intesa con i migranti ospiti sul territorio. Dum Dum Republic – Capaccio Paestum il Beach club del Cilento che sorge all’ombra dell’area archeologica dei templi di Paestum e da molti anni ha scelto di evitare materiali monouso o di sostituirli dove è necessario, consentendo solo l’utilizzo di materiale biodegradabile e compostabile. L’iniziativa più creativa è la sfida ai clienti a non chiedere la cannuccia, proponendo, per gli aperitivi in riva al mare l’utilizzo di maccheroni di zito per sorseggiare i drinks. La conversione green continua con l’utilizzo di piatti in ceramica per il pranzo, stoviglie di acciaio e l’antica bottiglia di vetro dal fascino retrò a tavola, vassoi di legno e asporto riciclabile oltre che una massiccia campagna sulla raccolta differenziata in spiaggia. Sempre a Paestum Casa Vacanze Marus,l’unica struttura della Campania del settore, è stata insignita dell’Oscar dell’EcoTurismo 2020 di Legambiente per il particolare impegno profuso nella salvaguardia del territorio e nello specifico della cura e tutela della duna antistante le abitazioni, preservando gli intricati cespuglieti di lentisco e ginepro coccolone e le distese di giglio di mare garantendo così una vacanza tra le bellezze naturali.
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