Roma, 27 agosto 2020 – Su 164,2 miliardi di euro di IRPEF netta totale risultante dalle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche, quella dovuta da contribuenti il cui reddito deriva prevalentemente da lavoro dipendente o pensione è pari, rispettivamente, a 90,1 e 45,5 miliardi, per un equivalente dell’82,5% del totale e non del 94,7%, come erroneamente indicato nella nota diramata ieri dal servizio politiche fiscali della UIL.
La nota, secondo i commercialisti, trascura peraltro di evidenziare che l’82,5% è un dato coerente al fatto che i contribuenti, il cui reddito deriva prevalentemente da lavoro dipendente o pensione, rappresentano l’84,1% del totale dei 41,4 milioni di contribuenti IRPEF.
I contribuenti il cui reddito deriva prevalentemente da attività di impresa o di lavoro autonomo esercitate in forma individuale o associato, non soggette a regimo forfettari, rappresentano invece il 7,1% del totale dei 41,4 milioni di contribuenti IRPEF, ma dichiarano il 14,0% dell’IRPEF netta totale.
“Senza spirito polemico, ma anzi per spegnere sul nascere polemiche che dati inesatti e comunque parziali potrebbero innescare – commenta Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – non lasceremo più passare sotto silenzio i periodici tentativi di fare sensazionalismo sulla pelle dei professionisti e delle partite IVA in generale, per accreditare la strampalata tesi che l’IRPEF sia pagata quasi esclusivamente da dipendenti e pensionati e non anche dalle partite IVA”.
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