No a un piano B per lo stabilimento napoletano della Whirlpool. I lavoratori e i sindacati chiedono al Governo di far rispettare gli accordi siglati nell’ottobre 2018 e di far continuare a vivere l’impianto nell’area orientale di Napoli e la produzione delle lavatrici. Il presidio davanti la Prefettura si svolge nel giorno in cui tutti gli stabilimenti Whirlpool in Italia sono in agitazione. ”Napoli e il Mezzogiorno hanno necessita’ di mantenere un forte presidio industriale e la vicenda Whirlpool e’ emblematica perche’ dimostra quanto l’assenza di politiche industriali, di un intervento deciso ed efficace del Governo mette a serio rischio un sito produttivo che e’ di qualita’ e che, anche dopo le ultime vicende, dimostra di poter avere un mercato” ha sottolineato il segretario generale della Cgil di Napoli, Walter Schiavella, che ribadisce il sostegno di Cgil, Cisl e Uil alla vertenza. In piazza a piu’ riprese e’ stato intonato quello che e’ ormai lo slogan dei lavoratori Whirlpool: ‘Napoli non molla’ stampato anche sulle magliette indossate dai lavoratori. La parola d’ordine e’ ”dare prospettive ai lavoratori” – come ribadito da Barbara Tipaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil che ha aggiunto: ”Serve un lavoro vero. Chiediamo al Governo di non distribuire soldi a imprenditori improvvisati. E’ necessario dare un futuro produttivo a tutto il gruppo Whirlpool in Italia che oggi e’ in sciopero in tutti gli stabilimenti, ed in particolare al sito di Napoli per scongiurare la desertificazione industriale nel Sud del Paese”. Tra striscioni e bandiere dei sindacati, si e’ alzato il grido dei lavoratori esasperati dalle incertezze.
“Nell’ultimo incontro al Mise – spiegano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Antonello Accurso, segretario generale Uilm Campania – ci e’ parso chiaro che il Ministero non solo non abbia accolto i nostri suggerimenti, volti a indurre la multinazionale a rilanciare gli investimenti a Napoli e in Italia, ma abbia addirittura assecondato la posizione aziendale provando a propinarci l’ennesima fantasiosa reindustrializzazione che servirebbe solo a edulcorare la chiusura della fabbrica partenopea”. Lavoratori di via Argine che come ricordato da Vincenzo Accurso (Uilm), ”sono stati chiamati a lavoro durante l’emergenza Covid quando tuti erano a casa per proteggersi, se eravamo importanti in quella circostanza lo dobbiamo essere sempre”.
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