Recensione dello spettacolo “Iliade-La guerra di Troia” di Laura Bufano.
“Una storia nata da un tradimento”
Castello Lancellotti – Lauro (Av), la Compagnia de “Il Demiurgo” sa sorprendere e catturare l’attenzione del pubblico. Questa volta, per la rappresentazione dell’ Iliade-La guerra di Troia, gli attori si sono spostati, trovando una nuova scenografia all’interno del cortile del castello.
I nostri, Franco Nappi, Ettore; Chiara Vitiello, Andromaca; Marco Serra, Paride; Daniele Acerra, Menelao e Andrea Cioffi, Omero; fanno svolgere il racconto dei fatti in una sorta di arena dove il pubblico è vicinissimo e può ricevere emozioni piene.
Tutto esaurito, registra lo spettacolo dove è presente soprattutto un pubblico di coetanei degli attori. Ci sono anche dei bambini e questo mi ha fatto riflettere… Ho provato ad immaginare una scuola che incontra il futuro e che per insegnare, in questo caso l’Iliade, si serve di una rappresentazione. Sicuramente attraverso gli attori, l’ambientazione, le luci, i costumi, i nostri piccoli porterebbero con loro tante emozioni sulle quali i docenti potrebbero lavorare riscuotendo maggiore interesse. Tutto quello che si vive come esperienza non si dimentica più. L’insegnante potrebbe parlare di eroi, di valori, di sentimenti e tutti i nostri giovani allievi ne potrebbero giovare. Il Teatro quindi potrebbe entrare a scuola come strumento didattico e non solo.
Dicevamo, i fatti vengono raccontati a stretto contatto con la platea, non c’è palco, i nostri personaggi si muovono anche tra il pubblico, e questo è un valore aggiunto. Il “nostro” Omero, Andrea Cioffi, con il suo racconto tra l’antico e il moderno ci fa rivivere la storia, ce la fa immaginare facendo uso anche dell’ ironia alla quale Franco Nappi ci ha abituato nella sua rivisitazione dei testi.
Ecco, è questa la storia di una guerra senza obiettivi particolari, “è una guerra e basta, nata da un tradimento”. I contendenti della bella Elena sono lo spartano Menelao, Daniele Acerra, suo marito, e l’uomo da lei scelto e che l’ha rapita, il troiano Paride, Marco Serra, individuabili dal pubblico da un filo rosso estremamente simbolico che portano al polso. I nostri, la amano e la odiano, fanno emergere sentimenti maschili puerili legati al possesso. I loro combattimenti sono uno strumento per misurarsi, per poter far emergere le loro doti umane e di combattenti. Due popoli sono coinvolti in una sanguinosa guerra che durò circa ben nove anni.
Andromaca, Chiara Vitiello, racconta al suo figlioletto, a mo’ di ninna nanna, la storia che la vede coinvolta in quanto moglie del principe di Troia, Ettore. La Vitiello ci fa entrare nella dimensione di mamma e lo fa con un forte e coraggioso istinto. Arriva il momento di Franco Nappi, Ettore. Andromaca implora Ettore di abbandonare la guerra per evitarle il penoso stato di vedova e madre di un orfano. Ed ecco un Franco Nappi che regala ad Ettore una connotazione di uomo dolce e forte riuscendo a far capire alla sua sposa il suo ruolo,e la responsabilità verso il suo popolo. Per tutto il tempo della rappresentazione Andromaca porta in salvo, correndo da un luogo ad un altro, Astianatte, figlio suo e di Ettore ed erede di Priamo. Morirà il piccolo, verrà scaraventato giù dalle mura di Troia e per rappresentare la morte viene scelta un immagine di grande effetto: la brava Chiara Vitiello che ha portato in braccio uno scialle che poteva davvero sembrava un bambino lo lascia cadere a simboleggiare il “nulla più”.
Articolo pubblicato il giorno 28 Luglio 2020 - 11:02