Scafati. Oggi è stata pronunciata la sentenza dalla Corte di Appello di Salerno nei confronti del ricostituito gruppo Matrone-Buonocore, organizzazione egemone nel territorio scafatese.
Condanne molto ridimensionate rispetto alle richieste del Procuratore che aveva sostenuto le ragioni dell’appello della DDA Salernitana. Secondo il teorema accusatorio i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi avevano costretto i negozianti a vivere in un clima di terrore. Il verdetto finale nel giudizio di primo grado aveva visto condanne complessive per circa 30 anni con un forte sconto, dovuto alle assoluzioni pronunciate dal giudice.
Ed infatti spiccavano le assoluzioni di Palma Pasquale, Patrone Nicola, Panariello Marcello ed Elvira Improta (tutti difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro). Per Palma Pasquale, Patrone Nicola,Elvira Improta e Panariello Marcello il pubblico ministero aveva proposto appello contro l’assoluzione riportata in primo grado. Ed anche in appello i giudici hanno dato ragione all’avvocato De Gennaro ed hanno confermato l’assoluzione. Possono tirare un sospiro di sollievo perché hanno chiuso una triste pagina della loro vita.
Condanna confermata ad anni 8 per Buonocore Giuseppe ( difeso dagli avvocati Massimo Autieri e Stella Criscuolo) considerato il nuovo reggente della presunta cosca malavitosa. Forte riduzione della pena per Barbato Crocetta Giovanni che passa da 7 anni e due ad una condanna di 5 anni e Panariello Pasquale che ha riportato in appello una condanna di 4 anni e 10.
Gli unici due ad ottenere una della pena. Il primo difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 5 anni per la tentata estorsione consumata ai danni di un tabaccaio di Scafati a Via Passanti, per violazione della legge sulle armi, reati aggravati dal metodo mafioso, riciclaggio, ricettazione e detenzione di marijuana. Il Barbato non aveva confessato i reati e non ha collaborato con la giustizia.
Panariello Pasquale, difeso dalla penalista Anna Fusco, condannato in primo grado alla pena di anni 6 e mesi due per tentata estorsione iper G, detenzione di armi aggravati dal metodo mafioso e detenzione di droga ha riportato una condanna ad anni 4 e mesi 10 di reclusione.
Palma Antonio, soggetto già coinvolto nella faida sanguinaria Muollo- Ridosso, difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ed Anna Fusco ha riportato una condanna di 4 anni per la tentata estorsione iper G e per la detenzione di armi. Per questa tentata estorsione è stato assolto Patrone Nicola.
Muollo Vincenzo difeso dall’avvocato Pasquale Morra ha riportato l’assoluzione. Nappo Vincenzo difeso dall’avvocato Massimo Torre è stato condannato ad anni 2. Pena di anni uno e mesi 8 per Berritto Francesco difesa dalla penalista Stefania Pierro.
Secondo gli inquirenti questi soggetti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili.
Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”.
E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria.
A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa.
Articolo pubblicato il giorno 22 Luglio 2020 - 21:56