“E’ un’offesa per noi sentir dire che mio figlio si sia suicidato. Aveva il biglietto dell’aereo gia’ pronto per tornare a casa il 20, non si sarebbe mai ucciso…Ce lo hanno ammazzato, era troppo agitato e arrabbiato negli ultimi giorni…”.
Lo dice, in una doppia intervista a Il Mattinoe all’edizione napoletana di repubblica, Anna Motta, madre del napoletano Mario Paciello, collaboratore delle Nazioni Unite nel dipartimento colombiano di Caqueta’, trovato morto nella sua abitazione. Un decesso sul quale le autorita’ locali hanno aperto un’inchiesta, lasciando trapelare l’ipotesi del suicidio. Paciello aveva compiuto da poco 33 anni.
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In Colombia viveva da cinque anni ma prima era stato in Argentina, India e Giordania sempre per progetti di relazioni internazionali. “Mio figlio da un po’ di tempo era strano – racconta la madre al quotidiano partenopeo – mi raccontava che c’era qualcosa non gli piaceva in cio’ che stava facendo, e che desiderava tornare a Napoli perche’ si sentiva sporco. In una delle ultime chiamate mi ha detto di essersi esposto troppo e di essersi messo in un guaio”.
I genitori di Mario e i suoi due fratelli, che vivono tutti a Napoli, annunciano un esposto alle autorita’ giudiziarie italiane per chiedere la massima chiarezza negli accertamenti sulla morte del 33enne.
Anche sull’edizione napoletana di Repubblica la famiglia di Mario Paciello esclude nettamente l’ipotesi del suicidio. “Ce lo hanno ammazzato, era troppo agitato e arrabbiato negli ultimi giorni. Deve aver visto o capito qualcosa, durante il suo lavoro, che lo ha messo in pericolo. Un giovane italiano non puo’ morire cosi’. Ci ha chiamato una avvocatessa dell’Onu, poi l’ambasciatore italiano a Bogota’: sono sinceramente dispiaciuti, lo so, ma noi vogliamo la verità”.
Articolo pubblicato il giorno 17 Luglio 2020 - 10:00