Mercoledì 15 luglio, alle 11, nella sala del tè del Gran Caffè Gambrinus, l’Accademia delle Arti, Mestieri e Professioni presenta “Dal balcone di casa mia”, il disco della giovanissima interprete Giada Lepore, una ragazza sannita di 15 anni che, durante il lockdown, ha cantato dal balcone della sua abitazione, con una voce tanto sublime e potente da attirare l’attenzione di Andrea Bocelli. Al Gambrinus, insieme a lei, ci saranno il magistrato Catello Maresca e il medico e ricercatore scientifico Antonio Giordano. Modera l’incontro il giornalista Paolo Chiariello.
Dieci i brani raccolti nel disco registrato nelle sale di Universarte Studio da Marco Colella: “Una finestra tra le stelle” di Annalisa, “Cascare nei tuoi occhi” di Ultimo, “My Immortal” di Evanescence, “Riprenditi le lacrime” di Nina Zilli, “Come saprei” di Giorgia, “Beautiful” di Christina Aguilera, “Guardando il cielo” di Arisa, “Il mondo che vorrei” di Vasco Rossi, “Come Foglie” di Malika Ayane, “Someone like you” di Adele.
La voce di Giada ha incantato, non solo l’Italia intera, raggiunta in lungo e in largo attraverso la condivisione sui social, ma persino Andrea Bocelli, che le ha inviato una lettera.
Carissima Giada,
ho saputo dalla tua mamma, che, solo un mese fa, hai perduto la vista. Come sai è una cosa che è capitata anche a me e a quanti altri è capitata!
Ora la tua mamma è disperata, perché pensa che tu viva nel buio, mentre tu sai già molto bene, che il buio può vederlo solo chi vede. Per chi non vede, il buio non c’è. Pian piano dovrai spiegare alla tua mamma, che con gli occhi si guarda soltanto e guardare non è mai sufficiente. C’è chi guarda tutto e non vede niente; viceversa, c’è chi vede tutto, senza bisogno di guardare niente.
Una lettera che ha aiutato la mamma di Giada, Apollonia Botticella, a superare la tristezza in cui era viveva da tempo, come lei stessa racconta.
Oramai da 15 anni sono immersa nel mondo della disabilità, così come oggi siamo abituati a definire la diversità. Non sono stata abituata a piangere, a scoraggiarmi e a buttarmi a terra. Ho sempre affrontato tutto con forza e determinazione. Quando, appena nata mia figlia, ho detto ai medici che aveva problemi agli occhi loro dicevano che ero impazzita. Qualche giorno dopo uscita dall’ospedale, il pediatra mi disse che mia figlia aveva una malformazione oculare. Ero combattuta tra la disperazione e il senso del dovere di mamma. Non potevo fare altro che spogliarmi dei miei vestiti e indossare quelli di una guerriera. Sì proprio quelli di una guerriera, perché dovevo iniziare la battaglia più dura della mia vita. Non è stato facile accompagnare ogni mese in sala operatoria Giada per valutare la gravità della malformazione. Ero una mamma piena di attenzioni, compravo vestiti bellissimi, vestivo la mia principessa per mascherare la mia sofferenza, ma non era sufficiente perché a 4 anni Giada ha avuto il coraggio di dire ad una psicologa che non poteva parlare davanti a me, perché sulla mia pelle sentiva un odore strano. Lei diceva che era la puzza della tristezza. Aveva compreso che non stavo vivendo. Forse fingevo, ero una guerriera apparente. Dopo le parole di Giada ho compreso che dovevo metabolizzare la sofferenza che provavo e trasformarla in amore puro. Poi, qualche anno dopo, ho compreso il vero senso dell’amore e della vita nelle parole che Andrea Bocelli scrisse a Giada, spiegando, in poche righe, la normalità.
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