Avrebbe dovuto testimoniare in un delicato processo di camorra al tribunale di Avellino, ma il giorno prima della sua presenza in aula una bomba carta venne piazzata e fatta esplodere nella sua auto, una Fiat Panda.
Un’imprenditore di Quindici subi’ la pesante minaccia nel 2018, perse l’auto, completamente distrutta, ma non rinuncio’ a denunciare l’accaduto ai carabinieri. Dopo un anno e mezzo di indagini il mandante di quell’attentato e’ finito in carcere con un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta della direzione distrettuale Antimafia.
L’uomo, un pregiudicato di Quindici legato a un clan camorristico, e’ accusato di violenza e minaccia per costringere a commettere un reato, cessione e detenzione di materiale esplosivo, induzione alla falsa testimonianza, con l’aggravante mafiosa. L’attentato del giugno 2018 era solo l’epilogo di una lunga serie di minacce maturate tutte in ambiente camorristico anche con l’aiuto di un altro indagato.
La notte tra il 21 e il 22 giugno del 2018, due anni fa, un forte boato svegliò alcuni cittadini di Quindici, piccolo centro della provincia di Avellino. Una bomba carta dall’elevato potenziale esplosivo deflagrò sotto l’auto di un uomo del posto, un imprenditore: la vettura, una Fiat Panda, risultò pesantemente danneggiata dall’esplosione, ma per fortuna non provocò feriti.
Sul posto giunsero i vigili del fuoco, che domarono le fiamme scaturite dall’esplosione, e i carabinieri del Comando Provinciale di Avellino, che avviarono le indagini, le quali oggi hanno portato alla cattura del mandante dell’attentato dinamitardo.
Articolo pubblicato il giorno 23 Luglio 2020 - 13:30