Il provvedimento, divenuto definitivo per effetto della sentenza della Corte di Cassazione, trae origine da una vasta indagine delle Fiamme Gialle, che, nell’ottobre 2013, nell’ambito dell’operazione “CRIMINAL GAMES”, aveva portato all’arresto di IOVINE Mario (classe ‘59), GUARNERA Sergio (classe ‘55), GUARNERA Sandro (classe ‘53), CRISPOLDI Franco (classe ‘57) e ZOGU Arben (classe ‘73) per i reati di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni e illecita concorrenza con minaccia o violenza.
In quel contesto, era stata accertata l’esistenza di una vera e propria joint-venture nel remunerativo settore delle “macchinette mangiasoldi” – imposte nel territorio di Acilia agli esercizi commerciali autorizzati anche mediante ricorso ad azioni intimidatorie e violente – tra esponenti di vertice della criminalità organizzata campana (“Gruppo IOVINE”) e noti personaggi della “malavita” romana (“Gruppo GUARNERA”).
In particolare, il boss Mario IOVINE, detto “Rififì”, aveva progressivamente esteso le sue illecite attività nel settore delle slot machine dalla Campania al Lazio, coinvolgendo soggetti già “addentrati” in quel comparto, ossia i germani GUARNERA Sergio e Sandro. Dopo l’arresto di IOVINE del dicembre 2006, i fratelli GUARNERA avevano promosso e organizzato un autonomo gruppo criminale, creato a perfetta imitazione della consorteria casertana e ricalcante le medesime logiche delittuose, unitamente all’“amico e socio in affari” CRISPOLDI Franco e a ZOGU Arben, avvalendosi di un braccio armato e violento composto dai cosiddetti “pugilatori”.
Il già evidente profilo di “pericolosità sociale” dei protagonisti delle vicende veniva aggravato dagli elementi acquisiti nell’ambito dell’operazione “VENTO DELL’EST”, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e condotta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, conclusa nel luglio 2015 con 9 ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, dei fratelli GUARNERA e di ZOGU Arben per estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
I successivi approfondimenti economico-patrimoniali, finalizzati alla ricostruzione dei beni direttamente o indirettamente riconducibili ai soggetti monitorati, consentivano di acclarare come tutti i proposti avessero accumulato un patrimonio di ingente valore, in misura
sproporzionata rispetto ai redditi leciti percepiti, nonché conducessero un tenore di vita assolutamente incoerente rispetto alle loro possibilità economiche.
Il decreto eseguito in data odierna, che determina la definitiva acquisizione dei beni da parte dello Stato, ha ad oggetto la quasi totalità di quanto sottoposto a sequestro e a confisca di primo grado, rispettivamente, nel 2016 e nel 2018 a seguito di provvedimenti emessi dal Tribunale di Roma – Sezione Specializzata Misure di Prevenzione, su richiesta della locale D.D.A., vale a dire:
– capitale sociale e intero patrimonio aziendale di 7 imprese;
– 9 unità immobiliari e 1 terreno siti a Roma e in provincia di L’Aquila;
– 2 autovetture e 2 motocicli;
– rapporti finanziari,
per un valore superiore ai 22 milioni di euro.
L’odierna attività testimonia il costante impegno della Procura della Repubblica, del Tribunale e della Guardia di Finanza di Roma nell’aggressione ai patrimoni accumulati dalla criminalità, al fine di restituirli alla collettività.
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