Gli elementi emersi dalle telefonate intercettate dalla Dda di Napoli, nell’ambito di un’altra indagine, non potevano confluire nell’inchiesta della Procura di Torre Annunziata e non rappresentano gravi indizi di colpevolezza a carico dei parlamentari di Forza Italia Luigi Cesaro (difeso dagli avvocati Giuseppe De Angelis e Giovanni Vignola) e Antonio Pentangelo (difeso dall’avvocato Antonio Cesarano). Nei loro confronti, lo scorso 15 maggio, il gip, ipotizzando il reato di corruzione, ha chiesto gli arresti domiciliari. Lo stabilisce il Tribunale del Riesame di Napoli che lo scorso 16 giugno ha annullato le misure cautelari emesse nei confronti dei due parlamentari di Forza Italia.
Il Riesame ha praticato anche la cosiddetta “prova di resistenza”, al fine di stabilire l’autosufficienza degli elementi raccolti dall’indagine dell’ Ufficio Inquirente di Torre Annunziata relativamente al progetto di riconversione del complesso produttivo ex Cirio di Castellammare di Stabia (incontri elettorali, notturni e scambi di docunmenti). Per il giudici, senza “la voce narrante” delle intercettazioni questi elementi non possono avere un seguito processuale. Tra questi figura anche il presunto reato di corruzione ipotizzato nei confronti dell’imprenditore Adolfo Greco (anche lui che avrebbe versato 30mila euro a funzionari dell’Agenzia delle Entrate impegnati in una verifica fiscale ei suoi confronti.
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