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Il clan D’Alessandro faceva gestire le piazze di spaccio ai giovanissimi per pagare di meno

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Castellammare di Stabia. Oltre cinquecento pagine di ordinanza di custodia cautelare in un’inchiesta che infligge un duro colpo ai clan D’Alessandro, Afeltra-Di Martino che detengono la gestione e commercializzazione della droga a Castellammare di Stabia e dintorni.

Una fitta rete investigativa culminata oggi con l’emissione di 26 ordinanze di custodia cautelare. Gli indagati, per un totale di 42, gravemente indiziati, a vario titolo, per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illecita e cessione di sostanza stupefacente, reati tutti aggravati dalle finalità mafiose, per aver agito avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza a clan camorristici.

Le indagini hanno inizio nel 2017 con l’omicidio di Antonio Fontana avvenuto ad Agerola. Secondo quanto emerge dalle indagini Fontana non era ben visto dai D’Alessandro che da tempo – si legge nell’ordinanza – ne avevano decretato la morte a seguito dell’uccisione di Antonio Martone e Giuseppe Verdoliva. Martone era il cognato di Michele D’Alessandro e Verdoliva era un uomo di fiducia del clan. I due camorristi morirono nel lontano 2004 in occasione della faida tra i D’Alessandro e gli Omobono-Scarpa. In tale scenario i Fontana, appartenente al gruppo de “i Fasano” si schierarono con il clan Omobono-Scarpa. La cosa non piacque ai D’Alessandro, come non piacque la scelta di Luciano e Antonio Fontana di collaborare con la giustizia. Proprio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno permesso agli investigatori di trarre un quadro chiaro ai fini dell’indagine raccontando come era diviso lo spaccio nella città delle acque.L’indagine racconta di numerosi episodi di commercializzazione, organizzazione e gestione delle piazze di spaccio su Castellammare di Stabia e dintorni. Spesso a gestirle erano anche giovanissimi perché qualora arrestati l’impegno economico sarebbe stato meno gravoso come emerge in occasione della sostituzione del gestore della piazza di spaccio in zona mercato a Castellammare di Stabia.

Grazie all’alleanza tra il Clan stabiese e Afeltra-Di Martino operante sui Monti Lattari, territorio conosciuto anche come “Jamaica” italiana in virtù delle numerose piantagioni di marijuana era stato creato un meccanismo che prevedeva una piattaforma unica per la distribuzione della Marijuana sulle diverse piazze di spaccio, sotto la regia di un direttorio composto da elementi di massimo vertice del clan D’Alessandro, che fissava il prezzo minimo di vendita dello stupefacente, in modo da ricavarne una quota fissa da destinare al mantenimento degli affiliati detenuti ed alle rispettive famiglie.

Per l’acquisto degli stupefacenti, su larga scala, il clan D’Alessandro si era affidato nel corso del periodo d’indagine ad una rete di ‘broker’, deputati a reperire lo stupefacente attraverso nuovi canali di approvvigionamento, che fungevano da intermediari per il clan nell’acquisto del narcotico.

Il canale di approvvigionamento maggiormente utilizzato dagli affiliati del clan è risultato essere quello calabrese, riconducibile alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Pesce-Bellocco operanti a Rosarno ed egemoni nella Piana di Gioia Tauro ove da sempre sono considerati leader nel settore della distribuzione di narcotico. Nel corso delle indagini ed a seguito di apposito servizio di osservazione e pedinamento, venivano intercettati due trasporti di marijuana provenienti da Rosarno, a seguito dei quali venivano arrestati i relativi corrieri nonché sequestrati circa kg.25 di Marijuana. Nella circostanza la sostanza stupefacente era stata occultata e coperta dalla frutta.

In altre occasioni, quali vettori insospettabili per trasportare lo stupefacente erano state utilizzate alcune donne in stato di gravidanza per eludere i controlli. Anche in questo caso le attività di riscontro consentivano di arrestare una di esse e sequestrare oltre 1 kg. di marijuana.

Nel corso della medesima indagine, venivano effettuati altri sequestri riconducibili all’organizzazione attenzionata, ed in particolare uno nel Comune di Poggiomarino di circa 3,5 kg. di marijuana ed uno sull’autostrada Napoli – Bari all’altezza di Avellino di circa 26 kg. di marijuana. La penisola sorrentina era divenuto il luogo di smercio di cocaina, come dimostrano le cessioni cristallizzate nel corso dell’indagine, riservate ad una clientela esigente di imprenditori e professionisti.


Articolo pubblicato il giorno 3 Giugno 2020 - 22:16

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