Il diabete tipo 1, spiegano i ricercatori, e’ una malattia cronica con un grosso impatto sulla qualita’ di vita dei pazienti. E’ infatti necessaria una ferrea autodisciplina per aderire a tutte le indicazioni terapeutiche necessarie a mantenere un buon compenso glicemico, che e’ fortemente influenzato dallo stile di vita. Pertanto, i pazienti devono interagire frequentemente con il proprio team diabetologico per ricevere l’educazione e il supporto necessari, fra l’altro, ad adeguare la somministrazione di insulina alle variazioni dell’alimentazione e dell’attivita’ fisica. Tutto cio’ si deve inserire negli impegni della vita quotidiana caratterizzata da ritmi pressanti e spesso imprevedibili. Il lockdown imposto dalla pandemia COVID-19 ha stravolto le abitudini di vita delle persone, rileva il professor Annuzzi, e reso piu’ difficile l’accesso dei pazienti ai servizi sanitari, con possibili ricadute negative sulla gestione delle malattie cronico-degenerative, incluse il diabete. In questo contesto, particolarmente nei pazienti affetti dal diabete tipo 1, uno strumento molto importante si e’ rivelata la telemedicina, cioe’ la possibilita’ di fare le visite a distanza, favorita dal fatto che molti di questi pazienti utilizzano i nuovi sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia che consentono al diabetologo di visualizzare in remoto l’andamento giornaliero della glicemia, minuto per minuto, e suggerire eventuali modifiche della terapia insulinica.
Lo studio ha dimostrato un miglioramento del compenso glicemico durante il periodo di quarantena in 207 adulti con diabete tipo 1 che utilizzavano il monitoraggio continuo della glicemia. In particolare, i pazienti hanno trascorso piu’ tempo con valori glicemici nell’intervallo raccomandato con riduzione delle oscillazioni glicemiche giornaliere, delle ipoglicemie e delle iperglicemie rispetto alle settimane precedenti il lockdown. Questi miglioramenti, in qualche modo inattesi, sono stati ottenuti nonostante non ci fosse una riduzione dell’introito calorico giornaliero e, come c’era da aspettarsi, non fosse aumentata l’attivita’ fisica. Il miglioramento del controllo glicemico osservato in questo studio, affermano i ricercatori, sembrerebbe essere dovuto a uno stile di vita piu’ regolare: meno pasti fuori casa e piu’ tempo per la cura di se’ e per la gestione ottimale della terapia insulinica. Un ruolo importante nel raggiungimento di questo risultato e’ stato svolto dalla telemedicina, supportata dalle risorse digitali attualmente disponibili in diabetologia, che ha consentito al team diabetologico della Federico II di garantire la continuita’ assistenziale nonostante le difficolta’ logistiche legate alla pandemia COVID-19. Dallo studio si evince un importante insegnamento, che trascende i problemi legati all’emergenza coronavirus, per tutte le persone con diabete: il benessere psico-fisico si puo’ raggiungere solo con un ritmo di vita meno stressante e piu’ regolare che contempli orari dei pasti e di riposo abbastanza costanti e sufficiente tempo da dedicare a se stessi e ai propri interessi. “Dopo questa drammatica esperienza, dobbiamo imparare a guardare al futuro con occhi diversi” conclude Annuzzi.
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