Nel cosiddetto decreto Rilancio dello scorso 13 maggio, tra i diversi provvedimenti economici è contenuta la misura per sanare la posizione di soggiorno e lavorativa, di una parte dei migranti irregolari che vivono in Italia. Si stima possano accedere a questa procedura circa 200mila persone delle 600mila che vivono nel Paese senza un regolare permesso di soggiorno e dunque senza diritti né tutele.
Regolarizzazione – che circoscritta ai settori dell’agricoltura, della pesca, dell’assistenza alla persona e del lavoro domestico – consentirà ai datori di lavoro di sanare, grazie ad uno scudo penale e fiscale un rapporto lavorativo subordinato o a i cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di 6 mesi dalla presentazione dell’istanza.
La domanda che in entrambe i casi non è soggetta alle logiche di un click-day, potrà essere presentata, esclusivamente in modalità telematica, tramite il servizio dedicato presente all’interno del portale INPS o dell’Interno (SUI)
Questa misura – dichiara Gianluca Mastrovito, Presidente provinciale delle ACLI – è certamente un atto di buon senso politico e di giustizia sociale, che la pandemia ha reso maggiormente urgente soprattutto per la tutela dei migranti nei ghetti; lavoratori che con fatica ed esposti a pericoli sanitari, hanno continuato ad assicurare disponibilità di cibo sulle nostre tavole.
Il provvedimento, frutto di una lunga e travagliata mediazione politica, sgualcita dalla fretta emergenziale, di certo – continua Mastrovito – non può dirsi pienamente soddisfacente, escludendo di fatto diverse categorie lavorative (si pensi all’edilizia) e prevedendo una durata striminzita di soli sei mesi, che porrà i soggetti che ne faranno richiesta, in una condizione di precarietà se non ricattabilità da parte dei datori di lavoro, oltre a generare tempi di attesa e lavoro ancora più lunghi nelle questure.
Una misura che, come sovente capita quando attiene i migranti, sembra rispondere più a logiche securitarie ed economiche che umane. Dunque, ci troviamo dinnanzi ad una misura ancora parziale per la platea a cui si rivolge e restrittiva per i tempi concessi. Limitazioni che unite insieme, mal si coniugano con l’obiettivo di contrastare la condizione precaria degli invisibili.
Come ACLI provinciali di Salerno attraverso lo Sportello Immigrazione del Patronato e gli uffici di ACLI Terra, Associazione professionale agricola, forniremo anche in questa circostanza ogni supporto ed informazione utile a facilitare l’iter burocratico e procedurale della domanda ma soprattutto a tenere “fuori i mercanti dal tempio” vigilando su truffe e vane promesse che potrebbero peggiorare la condizione già fragile dei lavoratori.
Confidiamo – conclude Mastrovito – che il parlamento, possa migliorare il decreto in fase di conversione, così che la misura possa rappresentare solo il primo passo di una serie di provvedimenti volti al contrasto della piaga dello sfruttamento lavorativo in genere, che riguarda indistintamente regolari, irregolari e non di rado anche cittadini italiani, e che sia finalmente accompagnata da misure strutturali destinate a contrastare il lavoro nero, le irregolarità salariali e contributive, il caporalato, l’evasione fiscale ostacoli ad un lavoro umano, libero e dignitoso. La domanda che in entrambe i casi non è soggetta alle logiche di un click-day, potrà essere presentata, esclusivamente in modalità telematica, tramite il servizio dedicato presente all’interno del portale INPS o dell’Interno (SUI)
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