Sul rinvio delle regionali è scontro nella maggioranza di governo, tra un’ala del Pd, favorevole al voto estivo, e i 5 stelle, assolutamente contrari.
Intanto De Luca scalda i motori, e ai suoi avrebbe già indicato la data del 24 luglio, secondo alcune fonti. Una fuga in avanti, nel caso riuscisse il blitz al partito dei governatori. L’obiettivo di De Luca, Zaia, Toti ed Emiliano è ottenere un emendamento, il grimaldello per scardinare il decreto legge sulle urne autunnali, il cui iter di conversione è in corso. E proprio dalla commissione affari costituzionali, arrivano le perplessità di alcuni costituzionalisti, auditi anche sull’ipotesi di luglio. Nella seduta del 5 maggio, in videoconferenza, è netto Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato all’università di Perugia. «Se il Governo dovesse consentire il voto a luglio – sostiene -i tempi per le procedure elettorali sarebbero troppo stretti. Votare non si improvvisa nel giorno del voto, ma è una procedura lunga. Tra raccolta firme, presentazione liste, campagna elettorale, si rischia in un tempo così complesso e difficile, se fosse compresso questo tempo, o venisse costruito in maniera tale da non rendere sicuri i cittadini italiani e gli operatori che lavorano per consentire ai cittadini di partecipare, di non consentire in condizioni normali, di presentare con la dovuta attenzione da parte del parlamento l’uguaglianza delle chances fra le liste, le coalizioni e i candidati». Per Clementi «anzitutto c’è una difficoltà legata alla meccanica elettorale, la raccolta, la modulistica, le firme da convalidare. E poi c’è il problema legato alla possibilità di fare una campagna elettorale in pubblico.
La scelta del governo di mantenere una finestra ampia, spostandola dal periodo primaverile a quello autunnale è saggia, perché si fa carico di evitare di trovarsi in una situazione potenzialmente rischiosa nel periodo estivo». Insomma, «finché è perdurante la dichiarazione di emergenza (in scadenza il 31 luglio, ndr) – aggiunge Clementi – le soluzioni che portano a un voto anticipato rischiano di essere particolarmente pericolose, Perché possono flessibilizzare eccessivamente la scelta di voto. O si torna ad una normalità piena, o tutto quello che interviene a metà rischia di essere troppo flessibile, in primis riguardo alla sicurezza dei cittadini». Il decreto viene promosso pure dal presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli: «Dal punto di vista della legittimità costituzionale non mi pare di poter far osservazioni e di trovare elementi critici. Sulla forma dello strumento adottato – il decreto legge – ci sono motivazioni evidenti legati all’emergenza, l’urgenza pare evidente». Ad aprire al voto in estate, da giorni, è il ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia. Un assist al presidente Pd della sua Regione, Michele Emiliano, ieri tornato alla carica: «Con una seconda ondata del coronavirus in autunno – spiega a Un giorno da pecora su Rai Radio 1-, si rischierebbe di rinviare le elezioni per almeno un anno rispetto alla loro scadenza». Fonti della maggioranza, invece, parlano di un no del ministro dell’interno, Lamorgese, e del ministro per la salute, Speranza, anche se in posizione più attendista. Si chiama fuori, viceversa, il premier Conte, garante degli equilibri di governo. «Le elezioni regionali in estate, come Consiglio dei ministri lo avevamo escluso perché – dichiara al Fatto Quotidiano – ci pareva prematuro. Ma se il Parlamento dovesse valutare, alla luce dei dati attuali, la possibilità, io non mi opporrei». In ogni caso, i 5 stelle ribadiscono il rifiuto ai listini bloccati, altra ipotesi tornata in ballo, per scongiurare assembramenti ai comizi dei candidati. «La nostra linea è chiara- afferma il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa-: siamo storicamente contrari a qualsiasi ipotesi di nominati non eletti direttamente dal popolo. Il Movimento 5 Stelle è a favore delle preferenze».
E in Campania, parte un altro attacco frontale a De Luca. «Un voto libero è un voto maturato attraverso un processo di conoscenza dei candidati, dei loro programmi e della loro visione di territorio-dice il capogruppo regionale del M5s, Valeria Ciarambino -. Pretendere il voto in estate solo per capitalizzare quel bacino di consensi lievitato grazie alla vetrina dell’emergenza sanitaria, equivale a impedire quel processo che passa attraverso una campagna elettorale. Processo che non può essere garantito in un momento di restrizioni. Sorprende che tra quanti invocano le elezioni in estate ci sia il governatore della Campania, che con una mano continua a brandire la minaccia di chiudere tutto e segregare tutti, ma con un’altra spinge perché si aprano seggi e sezioni elettorali, si approntino banchetti per la raccolta firme». E un altro consigliere pentastellato, Tommaso Malerba, ammonisce: «Spostare la finestra elettorale in autunno è stata una scelta di buonsenso, ma di anche di condivisione delle previsioni dei comitati tecnici scientifici. Rimettere in discussione questa scelta equivale a mancare di rispetto a chi sta operando e deliberando con il solo fine di salvaguardare la salute di tutti noi, ma anche agli stessi elettori».
Articolo pubblicato il giorno 7 Maggio 2020 - 21:18