Il provvedimento è stato emesso all’esito del deposito delle motivazioni con le quali il 19 dicembre 2019, con sentenza emessa al termine del rito abbreviato, il gip del Tribunale di Napoli ha condannato Belforte e la moglie Buttone, rispettivamente a 30 anni di reclusione e all’ergastolo, più pene accessorie, in quanto giudicati responsabili dell’omicidio di Angela Gentile, uccisa nell’ottobre 1991. Buttone è stata condannata inoltre per associazione di tipo mafioso poiché riconosciuta quale effettiva “reggente” del clan Belforte di Marcianise almeno dall’aprile 2016 all’agosto 2017.Le indagini hanno permesso di far luce sulla sparizione di Angela Gentile e sulle recenti dinamiche relative alla gestione del clan dei “Mazzacane”, le cui redini sono rimaste per lungo tempo nelle mani di Maria Buttone.
Angela Gentile, secondo quanto ricostruito dalle indagini, era stata per lungo tempo una fiamma di Domenico Belforte, dal quale nel 1978 aveva avuto anche una figlia. Il ras, tuttavia, non aveva mai “ufficializzato” quella nascita, al punto da non riconoscere la neonata. Nel 1991, quando ormai la ragazza aveva 13 anni, Belforte si era riavvicinato ad Angela Gentile al punto da offrirle anche alcuni contributi di ordine economico, ma scatenando al contempo le ire della moglie. Quest’ultima pose il boss di fronte a un aut aut: lasciarlo, portando con sé i loro figli, o uccidere la donna occultandone il cadavere, accettando in cambio di crescerne la figlia in casa loro. Domenico Belforte consumò il delitto nascondendo il cadavere di Angela Gentile in un luogo ancora oggi ignoto
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