Per 35 anni, infatti, i loro congiunti hanno ricevuto denaro per sostentarsi non solo dai Nuvoletta, potente famiglia degli anni ’80, l’unica federata con la mafia vincente dei Corleonesi di Totò Riina in tutto il panorama polverizzato e labile delle cosche partenopee, ma anche dai Polverino, il gruppo che ha avuto come capo carismatico il boss Giuseppe, detto ‘o barone’, prima capozona dei Nuvoletta, poi, quando questi sono decimati dagli arresti, loro successore sul territorio, e infine dagli Orlando, imparentati con i Polverino ma anche con i Nuvoletta, e ora eredi di questi. Una continuità che trarre forza proprio dalle parentele e dalla maggiore compattezza interna di questi tre clan rispetto le altre compagini della criminalità organizzata campana. Cappucio e Del Core compaiono tra i 25 indagati in una capillare inchiesta dei carabinieri di Napoli che attraversa la storia della criminalità organizzata di Marano e dei comuni limitrofi dai primi anni 2000 ai giorni nostri, condensata in 660 pagine firmate dal gip Maria Laura Ciollaro che ha disposto l’arresto per i vertici dei Polverino, tra cui il reggente Vincenzo Polverino, figlio del barone, Antonio Nuvoletto, gestore della cassa del clan, Michele Marchesano cognato di Giuseppe Polverino e mente delle attività imprenditoriali della cosca dal 2009 fino ad oggi.
Del Core e Cappuccio, pur non essendo destinatari di misure cautelari, sono i protagonisti di molte pagine dell’ordinanza. Di sicuro prendono da Nuvoletta, e poi Polverino, e poi Orlando un assegno mensile di cui e’ ancora imprecisata la cifra. I due vengono intercettati nei loro colloqui in carcere rispettivamente a Saluzzo e a Rossano. ma di loro parla anche Antonio Nuvoletto in colloqui con la madre e la moglie, chiedendo loro se li hanno visti. Cappuccio e Del Core si tengono costantemente informati sulle evoluzioni della camorra maranese. In un colloquio di Ciro Cappuccio con la moglie tre figli del 2 agosto 2014, gli inquirenti apprendono che il figlio Salvatore vuole mettere su una attività che richiede camion e che chiederà aiuto al “cugino”; la conversazione porterà gli inquirenti a identificarlo con il boss latitante Antonio Orlando. Cappuccio viene a sapere anche dell’ammanco di 1 milione di euro dalle puntate per un acquisto di droga dalla Spagna finito male. Salvatore Cappuccio, scrive il gip, “ha un ruolo in seno al gruppo criminale degli Orlando, oltre a percepire somme di denaro dalla citata organizzazione criminale corrisposte per la detenzione del padre”. Del Core, nel corso di un colloquio del 26 novembre 2014 si informa con i familiari della perquisizione che i carabinieri hanno fatto a casa sua il giorno prima, nella quale e’ stata sequestrata una lettera. La moglie lo rassicura dicendo che c’erano scritti solo saluti e argomenti di natura familiare, poi e’ costretta ad ammettere che c’era anche un riferimento a faccende economiche. Lui, agita dalla notizia, cerca di giustificare tutto a favore di microspie, “affermando che si trattava di un nipote che lavora e che mensilmente corrispondeva loro piccole somme di denaro e che quella doveva essere la risposta che la moglie avrebbe dovuto fornire nel caso le fosse stato chiesto dai magistrati”.
Per il gip, è “preoccupato del fatto che gli aiuti economici di cui beneficia la sua famiglia potessero essere ricondotti al sostentamento ricevuto delle organizzazioni criminali e negava più volte a gran voce una simile evenienza all’evidente scopo di attribuirne maggiore credibilità alle risposte che sarebbero tutti stati eventualmente chiamati a fornire in sede di interrogatorio”. La versione che si affannava a sostenere nel corso del colloquio risulta in contraddizione con il tenore di vita della sua famiglia, con il figlio ad esempio che gli racconta di una vacanza nelle Canarie. La “natura artefatta” delle argomentazioni e’ “palesata da alcune espressioni del detenuto che esortava in maniera stentata il filo a trovare una occupazione lavorativa salvo poi avvertirlo della presenza delle telecamere che registrano incontro”. “Se fai quello che ti dice papa’ – dice il sicario – non te ne troverai pentito, ma se cominci a fare di testa tua non ti troverai…Vai sullo studio di quel ragioniere… ‘ha detto papa’ gentilmente siccome che stiamo un po’ stretti… la famiglia …un po’ di fatica Io voglio lavorare e basta’… Tu non li vai a cercare l’aria, tu li vai a cercare la fatica E’ normale se quello vuol darti 20 euro al giorno, 10 euro al giorno dici ‘Vedi tu’ Pero’ io penso che quello ti tratti bene le giornate la paga sindacale…pero’ ci devi andare… dici ragioniere ‘papa’ vi manda i saluti’… Nicola qua sentono tutte cose”. Ciro Cappuccio e Armando Del Core uccisero Siani arrivando sotto casa sua in sella a uno scooter e utilizzando una pistola Beretta. I mandanti dell’omicidio sono i boss Angelo e Lorenzo Nuvoletta, che ne hanno informato Riina. In verbale d’udienza Ferdinando Cataldo, imputato tra gli esecutori dell’omicidio, il 19 novembre 1996, interrogato dal pm Armando D’Alterio, Cataldo racconta che i Nuvoletta si sono “offesi” perché in uno dei suoi articoli “il giornalista faceva capire che Carmine Alfieri e Bardellino dicevano che avrebbero fatto la pace con loro – i Nuvoletta – ma che in cambio dovevano dargli la testa di Valentino Gionta”. L’articolo di cui parla Cataldo risale al 10 giugno del 1985. Si intitola ‘Camorra: gli equilibri del dopo Gionta’ e mette in luce i possibili cambiamenti che avrebbero potuto verificarsi dopo l’arresto del super latitante Valentino Gionta, uno dei boss di Torre Annunziata di cui il giovane cronista aveva scritto molto.
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