Cade l’accusa di associazione per delinquere e, quindi, pene lievi, molto piu’ basse rispetto alle richieste della Procura, al processo con rito abbreviato che si e’ appena concluso a Napoli nei confronti di otto imputati tra figurano i vertici del gruppo Alma spa, coinvolto nel marzo 2019 in una inchiesta della Procura partenopea (pm Cozza e Raimondi) su una presunta maxi evasione fiscale da circa 70 milioni di euro.
Il gup di Napoli Anna Tirone ha condannato l’amministratore della Alma Francesco Barbarino a 3 anni, 10 mesi e 10 giorni (pm chiese 10 anni e 8 mesi); l’imprenditore Luigi Scavone, ex poliziotto e patron del gruppo, a 3 anni e 10 mesi (per lui il pm aveva chiesto 12 anni e 2 mesi); Stefano Paloni a un anno; Marco Erhard a un anno e 10 giorni; l’imprenditore Edoardo Rinaldi a un anno e 8 mesi; il commercialista Pietro Di Monda a un anno e 8 mesi; il rappresentante legale della Alma spa Francesco Marconi a un anno e 10 giorni e Carmine Franco due anni e tre mesi. Le condanne sono state inflitte prevalentemente perche’ il gup ha ritenuto gli imputati colpevoli a vario titolo anche di illecite compensazioni tributarie. Il giudice ha anche disposto la confisca delle somme sequestrate, complessivamente circa 57,3 milioni di euro. “Non ci riteniamo del tutto soddisfatti, – commenta l’avvocato Maurizio Noviello, che insieme al collega Errico Frojo ha difeso Francesco Marconi – attendiamo il deposito delle motivazioni ma posso gia’ annunciare che faremo ricorso in appello”. Dello stesso tenore anche le parole dell’avvocato Bruno Cervone, legale del commercialista Di Monda: “Ricorreremo in appello, anche se possiamo ritenerci soddisfatti dalle decisioni adottate dal giudice”.
“E’ stata completamente ridimensionata la pena per Stefano Paloni, direttore finanza e controllo di Alma spa – commenta Matteo De Luca, avvocato del dirigente – la Procura aveva chiesto 3 anni contestando la partecipazione all’ associazione. Il Gip Anna Tirone ha accolto la tesi della difesa, escludendo la condotta associativa e tutte le aggravanti contestate. Inoltre, – conclude il legale – gli riconosce le attenuanti generiche nella massima estensione con dissequestro dell’ immobile originariamente posto sotto sequestro”. “Siamo pienamente soddisfatti – ha detto l’avvocato Alfonso Furgiuele, legale di Luigi Scavone – l’imprenditore, insieme con Francesco Barbarino, aveva gia’ dato disposizione affinche’ tutti i beni sequestrati fossero impiegati per pagare le imposte. Il suo obiettivo, infatti, era chiudere il concordato”
Articolo pubblicato il giorno 7 Maggio 2020 - 15:32