La rabbia di Luca Di Martino è condivisa da quasi tutti i proprietari dei baretti di Chiaia, la zona per eccellenza della movida di Napoli, un dedalo di vicoli affollati nel week end da migliaia di ragazzi che si godono le serate all’aria aperta. Il giovane gestisce il Bisi e altri tre locali nell’area dei baretti, tutti chiusi da quasi tre mesi: “Siamo stati tra i primi a chiudere spontaneamente – ricorda – era il 6 marzo. Vogliamo riaprire ma con un senso. Il 16 maggio abbiamo chiesto alla Regione se l’ordinanza di riapertura valeva anche per noi e con il chiarimento numero 26 del 18 maggio ci hanno detto che potevamo aprire fino alle due di notte e il sabato fino alle tre. Ieri sera la retromarcia e l’imposizione di chiudere alle 23. E’ un controsenso, fino alle 23 non ti contagi? Ma poi in meno ore è più difficile mantenere ordinato l’afflusso. Abbiamo avvisato che in questi giorni per la voglia che hanno i giovani di uscire sarà come il 24 dicembre, abbiamo anche proposto di mettere dei tornelli agli ingressi dell’area decidendo un numero limite e bloccando. Ci hanno detto che ci penseranno”.
Intanto si apre e ci si aspetta un week end con grande affluenza anche se la chiusura sarà alle 23, ma solo per i ‘baretti’ che servono solo da bere, mentre chi serve anche da mangiare potrà stare aperto fino a tardi. E c’è chi ha scelto di non aprire, come Giovanni Fenderico, gestore del Flanagan a Chiaia: “Io vorrei aprire ma credo sia prematuro – spiega – e quindi per ora ci asteniamo. Il mio locale è fatto per dare un drink a persone che stanno li’ a chiacchierare, non ho tavoli. In più pesa la retromarcia sugli orari: se il giorno prima della ripartenza cambi idea e fai chiudere alle 23 non vale la pena riaprire. Sarebbe stato meglio aspettare un pò e lavorare con delle certezze sanitarie. La verità è che tutti si sono rotti di stare chiusi in casa la sera, vogliono svagarsi ma a Chiaia per la sua conformazione ci si assembra, c’è poco da fare e quindi ci demonizzeranno ancora un volta, come al solito”.
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