Sono circa mezzo milione gli italiani, di ogni fascia di età (giovani e meno giovani) che con la bella stagione vorrebbero scendere in pista, ed accanto a loro un’attività imprenditoriale, quella dei locali da ballo, con numeri alquanto considerevoli : 2.500 imprese, 50.000 dipendenti e un fatturato complessivo (per il 2019) di circa 5 miliardi di euro.Davanti alla drammatica ipotesi, paventata dal Governo, di riaprire le sale da ballo non prima di marzo 2021, molti gestori del settore hanno deciso, tramite l’Associazione Giustitalia, di impugnare davanti ai Giudici Amministrativi dei propri Tribunali Amministrativi Regionali (competenti territorialmente), il Decreto governativo che sembra aver dimenticato completamente questo settore.
I gestori sono consapevoli che questo momento storico è alquanto particolare, ma prima o poi la vita riprenderà. E allora la gente si renderà conto che un terzo dei locali ha chiuso, forse per sempre, perché non ci sono aiuti dallo Stato.
Chi esercita professionalmente attività imprenditoriale da ballo sono mesi che non ha entrate, deve (comunque) pagare gli affitti, i dipendenti, e ci sono famiglie che vivono su queste attività. E poi ci sono anche decine di migliaia di lavoratori stagionali che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo.Tramite più ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali, patrocinati dagli Avvocati dell’Associazione Giustitalia, gli esercenti del settore chiedono alla Magistratura amministrativa l’annullamento del Decreto Conte nella parte in cui non prevede la riapertura delle discoteche e dei locali da ballo all’aperto, ovviamente con tutte le dovute precauzioni sanitarie, in primis
l’obbligo di indossare la mascherina anche mentre si balla.
Oltretutto – e non è cosa da poco – prevedere una riapertura così lontana nel tempo e la conseguente privazione di luoghi che possono essere messi in sicurezza e controllati dalle F.O. potrebbe comportare il rischio concreto di “aggregazioni selvagge ed abusive” (soprattutto da parte dei ragazzi) in luoghi privati improvvisati senza alcuna sicurezza sanitaria e senza alcuna vigilanza.