Con queste parole Gisella Blanco descrive la sua nuova raccolta di poesie, “Melodia di porte che cigolano”.
«Alcune poesie sono concentrate sul tema della morte e del lutto, argomenti a me particolarmente cari, molto interiorizzati e che sono fonte continua di dolore e di ispirazione, con il desiderio di scardinare la tendenza attuale a non parlarne, a fare finta che non esistano o, al più, ad elaborarli in maniera del tutto individuale e solitaria, decurtandoli di quel carattere di necessaria condivisione che li rende umanamente accettabili. Un’attenzione particolare è dedicata al rapporto figlia-padre, talvolta inteso in senso biologico e talaltra in senso spirituale: in ambo i casi è un legame forte ma complesso, contraddittorio e doloroso. In alcune poesie che possono sembrare – e in qualche modo lo sono, benché non unicamente – d’amore ci si rivolge a un ‘tu’ al femminile che lascia aperta la porta…a interpretazioni personali, a possibili legami tra soggetti dello stesso sesso o a dialoghi intimi con sé stessi. A chi mi riferisco davvero, però, rimarrà un piccolo segreto d’autrice».
La raccolta, edita dalla NO EAP Eretica Edizioni, arriva dopo anni in cui l’autrice ha evitato di esporsi al pubblico, pur continuando a scrivere in maniera intensa.
«Sono soddisfatta della mia silloge? Sì. Naturalmente ogni cosa è perfettibile. Qualcuno potrebbe risentirsi per ciò che ho scritto? Certo ed è esattamente ciò che voglio provocare: accoglimento, per affinità, in alcuni e disprezzo, per contrasto, in altri. Sarebbe il successo letterario a cui aspiro. Per questo ho scelto di non dedicarmi alle semplici poesie d’amore! Le poesie della silloge sono rivolte soprattutto alle donne? Sì e no. Certamente prevalgono temi femministi ma credo che la lettura di queste composizioni possa interessare anche gli uomini sia come destinatari sia come oggetti argomentativi (passatemi il termine con un pizzico di ironia) sia come immancabili soggetti di completamento della realtà che si ritrae. Tutto sommato il nuovo femminismo potrebbe essere questo: totale aspirazione all’empatia fra donne, senza escludere o tendere a decurtare ciò che spetta – di diritto naturale, purché meritorio – all’altro emisfero umano».
A completamento dell’opera, sono inserite illustrazioni che, dalla copertina fino allo svolgimento interno del libro, fra le pagine, arricchiscono visivamente le poesie. Nate dall’idea della stessa autrice, tali immagini sono di produzione del grafico Francesco Mitelli.
SINOSSI
La poesia sovverte. È la sana – e dolorosa – ricerca d’inversione dei canoni avvilenti di una società annoiata ne è il fine. Oppure è la poesia stessa il fine della trasformazione: la scelta è la possibilità di individuazione di ciascuno che, lungi dal creare isolamento, può essere moto perpetuo verso una pura creazione di valore, un valore così divino da essere tutto umano.
BIOGRAFIA
(a cura dell’autrice)
Sono nata in un assolato luglio palermitano nel 1984, da due avvocati poco più che trentenni. Ho iniziato a scrivere semplici versi di bambina sin da piccolissima. A meno di dieci anni, provai a redigere la Carta dei diritti dei bambini, per appagare un senso innato di giustizia a cui non sapevo dare nome ma che sgorgava istintivamente dal flusso dei miei pensieri. E lo stesso flusso di pensieri, durante gli anni delle scuole medie e del liceo classico, mi ispirò la scrittura di altre poesie, grazie ad alcune delle quali vinsi vari concorsi letterari.
Appena iniziata l’università, nella facoltà di Legge, a Palermo, scelta non casuale rispetto all’esigenza di giustizia che impelleva dentro di me, organizzai alcuni spettacoli di poesia che si possono ritenere dei veri e propri reading amatoriali ante litteram. Nel 2009 mi trasferii a Roma, continuando lì il mio percorso di studi e di vita personale. Attualmente continuo a vivere a Roma, città che amo, scrivo soprattutto poesia, sono laureata in legge, sono animalista e gattofila accanita, parecchio anticlericale, buddista, mamma e forte sostenitrice dell’esigenza di un cambiamento sociale forte (ma rispettoso) che non può che partire dal singolo individuo (e che, nella poesia, può trovare una delle sue migliori -e più libere- espressioni).
Scrivo d’amore? Solo latamente: mi interessa contrastare connotati sociali obsoleti e pericolosi come il patriarcato maschilista; la misantropia; i condizionamenti religiosi che sviliscono il potenziale umano; la violenza che si esprime nei più piccoli dettagli delle relazioni sociali e interpersonali (e, forse, prima di tutto, nel rapporto con noi stessi) a cui siamo così avvezzi da ritenerla una “cosa normale”.
Mi caratterizza una forte vis polemica e sono molto provocatoria, talvolta adopero “immagini” truculente per illustrare alla coscienza le ragioni umane, filantropiche di cui si parla tanto ma che passano, spesso, in secondo piano, rispetto ad istanze di urgenza e fretta utilitaristica che disumanizzano qualsiasi contesto personale e sociale. Solo in cima alla montagna di rabbia, di dolore, di veemenza di parole ed emozioni, di tutta la fragilità (che, se accuratamente coltivata, sboccia in forza gentile), si può trovare la forza che, lungi dall’essere atto di imperio, è il veicolo che ci conduce alla dolcezza di cui, in fondo, non possiamo fare a meno e che ci rende, reciprocamente, eroi moderni.
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