In particolare, spiega il direttore sanitario Michele Ferrara: non corrisponde al vero l’affermazione che i pazienti siano stati trattati e siano deceduti nei reparti dell’Ospedale del Mare, anziché nel Covid Center dello stesso. La paziente che viene descritta come “anziana affetta da patologia gastroenterica sanguinante” era in realtà una paziente la cui salute risultava già gravemente compromessa: cardiopatica e portatrice di pacemaker, con una grave insufficienza renale e una malattia oncologica in fase terminale, sottoposta ad intervento chirurgico palliativo. Un quadro clinico che ben spiega perché, nonostante gli sforzi dei medici, non sia stato possibile restituirla all’affetto dei suoi cari. Ottenuto l’esito positivo del tampone, la paziente è stata trasferita al Covid Center in terapia sub intensiva il 14 maggio, dove è deceduta otto giorni dopo (il 21 maggio).
L’altra suggestione proposta riguarda un paziente che, giunto in condizioni critiche dal Caradarelli, sarebbe stato trattato nonostante la positività accertata in aree differenti dal Covid Center. Anche questa suggestione non ha riscontro nella realtà. Il paziente è arrivato il giorno 21 (ore 2.40) in condizioni critiche ed è stato accolto direttamente al Covid Center, al seguito di un trasferimento in bio-contenimento, affetto tra l’altro da problemi cardiaci critici, insufficienza respiratoria grave e in ipotermia. I medici, che pure hanno tentato ogni manovra rianimativa, hanno dovuto constatarne il decesso alle 4.20. A testimonianza del fatto che il paziente sia stato trattato presso il Covid Center c’è, tra l’altro, la consulenza cardiologica con esecuzione anche di ecocardio eseguita – al Covid Center – dai medici della cardiologia.
Va precisato inoltre che i DPI, utilizzati con grande attenzione e nel rispetto delle Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, sono disponibili e distribuiti agli operatori sanitari secondo le tipologie di rischio al quale sono esposti. Va precisato anche che non vi è alcuna inappropriatezza nelle 4 chirurgie.
Infine, non esistono prove di causa ed effetto tra i succitati casi e la positività di un infermiere all’infezione da SarsCoV2, non essendoci alcuna evidenza accertata del fatto che questi sia entrato in contatto con i pazienti contagiati. Tutti i fatti di seguito riportati sono verificati e verificabili, anche da parte di chi avrebbe dovuto per professione appurare la realtà prima di proporre delle suggestioni pericolose per la salute dei cittadini che generano allarme e ledono la dignità di tutte le donne e gli uomini che con passione e dedizione, ogni giorno, rendono un servizio di altissimo profilo a tutti coloro che ne hanno bisogno.
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