Questo il bilancio dell’operazione, denominata ‘Mosaico 2’, eseguita dagli agenti della Digos di Roma coordinati dalla Dda di Napoli. I 19 indagati, di cui 12 italiani, vivono nelle province di Napoli, Benevento e Caserta: devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla produzione, al riciclaggio e al traffico di documenti di identità contraffatti, nonché al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina strumentale al circuito del terrorismo internazionale. La produzione di documenti falsi – da carte di identità a permessi di soggiorno, patenti di guida e perfino verbali di polizia – sarebbe concentrata, secondo gli investigatori, nelle mani di quattro fratelli di origine campana, i quali, avvalendosi di una fitta rete di coperture ambientali, avrebbero allestito una vera e propria stamperia clandestina nella zona di Porta Capuana a Napoli.
“Gli indagati e in particolare gli stampatori di Napoli, non sono falsari comuni ma professionisti del falso documentale. Hanno continuato a produrre documenti anche durante il lockdown”. A dirlo Giampaolo Monastra, responsabile della sezione antiterrorismo della Digos di Roma, durante una conferenza stampa in Questura in merito all’indagine ‘Mosaico 2’. “L’indagine – ha spiegato – è stata relativamente breve, circa 10 mesi. Ma è stata una perfetta sintesi tra le tecniche investigative moderne, con intercettazioni telefoniche e telematiche e quelle di tipo tradizionale”.
“L’organizzazione criminale disarticolata nell’operazione Mosaico 2 favoriva il terrorismo internazionale e la criminalità organizzata”, ha spiegato Giampietro Lionetti, capo della Digos di Roma, nel corso di un incontro in questura. I documenti falsi sono stati prodotti anche nel periodo di ‘lockdown’ e alcuni degli indagati percepivano il reddito di cittadinanza. “L’operazione Mosaico 2 e’ la migliore dimostrazione dell’importanza della prevenzione anche, se non soprattutto, nella lotta al terrorismo”, ha spiegato Giannini, direttore centrale della Polizia di prevenzione. “Per Amri – ricorda Giannini – erano stati già accertati all’epoca collegamenti con l’Italia, si era arrivati all’espulsione di diversi soggetti collegati con lui e al ritrovamento di documenti falsi nel corso di un’operazione tra Latina e Roma. Ma gli accertamenti sono andati avanti”. Con il blitz di oggi, non sono stati contestati reati eversivi, “ma grazie alle indagini lunghe e complesse delle Digos di Roma, Napoli, Caserta e Benevento, coordinate dalla procura di Napoli, è stata scompaginata una rete capace di offrire al migliore offerente un supporto logistico di estrema importanza: parliamo di almeno due gruppi in grado di produrre documenti di ottima fattura, destinati a chi ha i soldi per poterseli permettere. Quindi anche ad eventuali terroristi. Non dimentichiamo che nel 2016 proprio Anis Amri era stato fermato sul bus Berlino-Zurigo con una falsa carta di identita’ italiana”. I documenti, finalizzati per lo più al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, servivano per entrare e uscire senza problemi dall’area Schengen: “e’ stato interrotto un circuito criminale potenzialmente molto pericoloso – assicura il responsabile dell’Antiterrorismo – ma gli approfondimenti non si fermano qui”.
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