Riportata alla luce nella campagna di scavo nel giugno 1936, fu allora definita da Amedeo Maiuri come ”la più grande che siasi finoggi rinvenuta tra Pompei e Ercolano”. A scavo ultimato, la ricompose a partire dagli elementi superstiti e la integrò dotandola di una struttura con tubolari metallici di supporto. A distanza di oltre ottant’anni dalla sua scoperta – spiegano dal Parco archeologico – la gamba posteriore destra, interamente ricostruita in malta con un’anima interna di metallo, si presentava ormai notevolmente ossidata con la conseguente frantumazione e il distacco di alcune porzioni della ricostruzione. Tutte le parti originali in pietra marmorea, a causa della costante esposizione agli agenti atmosferici, erano interamente ricoperte da incrostazioni licheniche e patine di colore scuro che alteravano la lettura della superfice originale. Tra i mesi di gennaio e febbraio 2020 è stato eseguito il restauro integrale dell’opera con interventi di consolidamento, la pulitura e la presentazione estetica, oltre che la sostituzione della gamba già di ricostruzione con una nuova copia eseguita in stampa 3D sulla base di un rilievo fotogrammetrico della gamba originale più integra. L’intervento ha finalmente messo in luce le venature del piano. Questo tipo di mensa non semplicemente decorativa, era destinata a cerimonie che, dato il carattere dell’edificio, lascia supporre si tratti di una mensa agonistica dove si esponevano i doni per i vincitori delle gare atletiche che si svolgevano nella Palestra. Il direttore del Parco archeologico, Francesco Sirano, dice: ”Questo è il primo lavoro concluso nell’emergenza coronavirus, è quasi come vedere una farfalla che timidamente si sporge dal suo bozzolo affacciata al centro del Golfo di Napoli. Il restauro di questo manufatto unico nel mondo romano forse avviene non a caso proprio nella Palestra (in realtà il campus) della città che da Ercole prende il nome, il luogo dove si forgiavano le future generazioni avendo a modello le grandi imprese dell’eroe”.
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