“Abbiamo già sofferto tanto come famiglia per mano della camorra, lo Stato non ci ha mai regalato nulla, e ora alla fine di questa vertenza Jabil mi trovo anche senza lavoro. Mi sento completamente abbandonato dalle istituzioni, proprio come mia moglie”. E’ toccante la testimonianza rilasciata all’Ansa da Pietro Delle Cave, lavoratore appena licenziato dalla Jabil, marito di Mimma Noviello, figlia dell’imprenditore Domenico Noviello, ucciso dalla camorra nel maggio del 2008, durante la stagione del terrore firmata dall’ala stragista dei Casalesi guidati da Giuseppe Setola.
Delle Cave parla di senso di solitudine, proprio come la moglie Mimma in una lettera in cui ricorda il papà. La solitudine appunto di chi si trova spiazzato dopo aver subito un’ingiustizia. “Non mi aspettavo il licenziamento – dichiara Delle Cave all’Ansa – anche perché siamo una famiglia con due figli e un reddito da dipendenti, per cui pensavo che l’azienda dovesse seguire dei criteri di legge, che peraltro ci sono, relativi ai carichi di famiglia”.
“Non ho mai chiesto – prosegue Delle Cave – di essere favorito rispetto ai miei colleghi, molti dei quali, come me, si sono ritrovati senza un lavoro dall’oggi al domani, pur non avendo sostenuto alcun colloquio nei mesi scorsi presso altre aziende in cui essere ricollocati”. La vicenda della famiglia Delle Cave–Noviello ha chiaramente implicazioni ulteriori rispetto a quelle strettamente occupazionali, ma all’interno dell’azienda nessuno le ha considerate, né “le istituzioni hanno detto o fatto qualcosa. Lo Stato non si fa carico della nostra situazione, nonostante gli eventi che hanno segnato non solo noi, ma anche il territorio”, conclude.
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