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1 Maggio: ha ancora un senso la festa dei lavoratori?

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1 Maggio festa dei lavoratori, una ricorrenza storica che trova radici nel lontano 1866. L’ideologia repubblicana americana promossa da esponenti di lavoratori come Terence V. Powderly lottano per promuovere lo sviluppo sociale e culturale degli operai, rivendicando la giornata lavorativa di otto ore. Un diritto riconosciuto inizialmente solo nello Stato dell’Illinois ma che di fatto entrò in vigore soltanto il 1º maggio 1867, giorno nel quale fu organizzata un’importante manifestazione, con almeno diecimila partecipanti. La notizia giunge in Europa, dove alla fine del  1864 è nato nella capitale inglese l’Associazione internazionale dei lavoratori, i cui esponenti cercavano attraverso la divulgazione, la propaganda spesso sottobanco di creare un legame internazionale tra i diversi gruppi politici di sinistra e le varie organizzazioni di lavoratori, in particolare operai. Conquiste, diritti, calpestati negli anni, macchiati di sangue, ieri come oggi. Un sangue che non si sparge più in piazza ma scorre rabbioso nelle vene di chi il lavoro non c’è l’ha, chi lavora sotto l’ombra dello schiavismo moderno, di chi lavora ma gli viene impedito perchè causa coronavirus è costretto a tenere le serrande abbassate. Il lavoro…culla del precariato, del sessismo, ricordo eterno di chi è morto volando giù da una gru, ragione di chi emigra per garantire un minimo ai figli. Una lotta impari, il lavoratore e lo Stato: la vittima e il carnefice. La politica italiana sbandiera la conquista della libertà, in tempi moderni “ostaggio” dell’Unione Europea, in uno Stato dove il Presidente è pura rappresentanza, senza potere esecutivo, il popolo guidato da un regime parlamentare: scelte, leggi, deroghe, applicate da pochi ma decisive per tutti. Gli italiani: burattini in un teatro diretto da un solo pensiero. La fase esistenziale che tutto il paese sta attraversando economicamente non ha storia: il dolore è silente, composto, a tratti placato alla speranza.  I lavoratori provano a  guardare al futuro, un orizzonte nebbioso dove chi dovrebbe contribuire a renderlo nitido appone giorno dopo giorno ostacoli insuperabili. Il lavoro di fatto è una chimera. Bisogna cambiare in primis il sistema: l’accesso per vie clientelari, la ricerca defilata del passepartout che apre le porte a concorsi, enti privati solo a pochi e  senza meritocrazia dovrebbe scomparire. Un mal costume certo noto in tutto il mondo capitalista ma in Italia molto marcato. Lo sfruttamento della manodopera, i contratti non rinnovati, salari e stipendi fermi da anni, rappresentano un allarme sociale, lo strappo che negli anni si è creato tra il senso di celebrare ancora la festa del 1 Maggio e quello che manca realmente agli italiani…IL LAVORO


Articolo pubblicato il giorno 1 Maggio 2020 - 11:12


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