Un commercio illecito di pellet contenente sostanze pericolose e’ stato scoperto in Campania e in altre localita’ italiane attraverso indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Benevento, retta da Aldo Policastro. In una vasta operazione di polizia giudiziaria, i militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Avellino, in cui sono stati impegnati – nella sola provincia irpina – oltre 60 carabinieri hanno effettuato diverse perquisizioni domiciliari e a sedi societarie costituenti una intera rete commerciale ramificata su tutto il territorio nazionale. Il giro di affari complessivo dei traffici ammonta a circa due milioni di euro. In Campania sono state interessate tutte le province, per un totale di 18 sedi perquisite dai Nuclei investigativi di polizia agro-ambientale e forestale dei Carabinieri Forestali, mentre altre perquisizioni hanno riguardato sedi societarie in provincia di Brescia, Bari, Campobasso, Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza. Sono state sottoposte a sequestro confezioni – in buste da 15 kg – di pellet contaminato e pericoloso per la salute pubblica, per un quantitativo complessivo di prodotto di circa 20 tonnellate. Due, finora, sono le persone indagate a piede libero, che dovranno rispondere di illecita gestione (commercio ed intermediazione) di rifiuti pericolosi, adulterazione di sostanze pericolose, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci. La merce contaminata proveniva dall’estero attraverso una societa’ esportatrice di nazionalita’ egiziana ed arrivava in Italia tramite un’altra societa’ egiziana di trasporto in container via mare, con terminal al porto di Salerno. Le buste di pellet pericolose poste in commercio sulla scorta di certificazioni di qualita’ inesistenti, venivano poste in commercio ingannevolmente come prodotti di alta qualita’.
Le indagini della Procura della Repubblica di BENEVENTO hanno avuto inizio con il rinvenimento, a seguito di un controllo mirato dei carabinieri di Summonte (Avellino), in un esercizio commerciale di Atripalda, gestito da soggetti di nazionalita’ cinese, di buste di pellet che mostravano delle anomalie sia in quanto al contenuto, sia all’etichettatura. Dalle indagini successive e’ risultato che il pellet proveniva da una azienda di Flumeri, con sede legale a Mirabella Eclano, costituente lo snodo principale di distribuzione per i rivenditori del centro-sud. Dalle analisi chimiche sono emerse tracce di vernici e gesso, presenza di sostanze pericolose come fluoro e formaldeide, valori di cloro, zolfo e ceneri molto superiori ai valori limite, nonche’ elevata presenza di piombo. Cio’ a testimoniare che il pellet non era stato ottenuto da pura massa legnosa, bensi’ da legni gia’ usati e trattati per la realizzazione di prodotti (es. infissi, mobilio) arrivati a fine vita e pertanto classificabili come rifiuti di legno contenenti sostanze pericolose, che andavano destinati allo smaltimento in appositi impianti e non al riscaldamento domestico, con grave rischio sia ambientale che sanitario, specie in caso di uso prolungato.
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