SuperNews intervista Irma Testa, la giovane atleta di Torre Annunziata prima donna pugile italiana a partecipare ad un’Olimpiade (Rio 2016) e campionessa europea nella categoria 57 kg. Irma ha raccontato come sta trascorrendo questi giorni particolari. Da Londra, città in cui Irma si trovava al momento del lockdown, è riuscita a tornare in Italia, dove ora si allena come può in vista dei prossimi impegni.
Trovi più difficile combattere un avversario o lo stereotipo di questa disciplina?
“Il pugilato ha molti stereotipi, tra i quali la convinzione che sia uno sport prevalentemente maschile, dove la violenza e la forza bruta non possono vincere sull’astuzia e l’intelligenza. In realtà è uno sport molto elegante, soprattutto se abbinato alla tecnica e alle giuste movenze. Noi donne siamo più eleganti degli uomini, queste qualità vengono più alla luce rispetto ad un combattimento maschile. Ciò non toglie che il pugilato sia stato fatto da uomini, grandi campioni. Dal 2001, per fortuna, possiamo combattere anche noi donne, e adesso ci sono anche grandi campionesse. Spero che tra qualche anno il pugilato maschile e quello femminile saranno considerati allo stesso livello”.
Come nasce il soprannome “The Butterfly”?
“Quando ho iniziato a fare pugilato, colpivo e scappavo. Mi facevo rincorrere per tutto il ring! Il mio maestro mi chiamava “la farfalla pazza”, e se ci penso adesso mi viene da ridere, perché non puoi farti rincorrere per tutto il round, ma crescendo, ho tolto quest’abitudine di scappare”.
Quanto c’è del tuo allenatore, Lucio Zurlo, nell’Irma pugile e nell’Irma donna?
“Tantissimo! Ho iniziato con lui che ero molto piccola, mi ha insegnato ad essere donna, mi ha insegnato i veri valori dello sport e della vita in generale. Lucio mi ha formata sia come atleta che come donna”.
Quanto è stato difficile tornare sul ring dopo l’Olimpiade? E qual è il ricordo più bello di quell’esperienza?
“Tornare sul ring è stato difficile, ho avuto un momento di blackout. La delusione è stata fortissima! E’ stata una lezione di vita: mai dare nulla per scontato, bisogna dare sempre il massimo. Il ricordo più bello, invece, è stato sicuramente l’accoglienza nell’aeroporto di Rio di tutti i turisti che, pur non sapendo chi fossi, ti chiedevano foto, autografi, ecc. solo per il fatto che stessi partecipando ai giochi olimpici”.
C’è ancora spazio per qualche altro sogno?
“Il mio obiettivo è sempre lo stesso: quella medaglia con i cinque cerchi. Poi ne ho tanti altri, quello di realizzarmi come donna ed essere soddisfatta di me stessa”.
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