“Nella prospettiva della cosiddetta ‘fase 2’ occorre rimboccarsi le maniche e tornare in aula, con una gradualità indispensabile, regole di protezione e distanziamento, ma in aula, perché il processo penale non può essere celebrato in forma smaterializzata”. Lo ribadisce il presidente dell’Unione delle Camere penali Gian Domenico Caiazza, intervistato a ‘Radio uno giorno per giorno’, affrontando la questione della ripresa dell’attività giudiziaria, al momento prevista per l’11 maggio.
“Da 10-12 anni chiediamo l’informatizzazione del processo penale, inteso come accesso da remoto ai fascicoli e agli uffici, deposito di atti telematico: questo è ciò che si deve fare, ma mai è stato consentito. Improvvisamente ora – aggiunge Caiazza – si pretende di informatizzare l’udienza e di smaterializzare l’aula, con la possibilità che si faccia la camera di consiglio con i giudici ognuno da casa propria in pantofole. Il problema è quello di voler ridurre il processo penale a una condizione burocratica che non e’ la sua, non c’è nulla di più fisico della discussione in aula”. Per il leader dei penalisti, bisogna porre attenzione perché “questa è un’occasione pericolosa”: già una “corrente della magistratura ha chiesto in modo esplicito che queste che oggi sono eccezioni diventino la regola. Si tratta di prese di posizione che sono diffuse nella magistratura, con le quali si ritiene si possa snellire la macchina giudiziaria sul presupposto di un’idea non costituzionale del processo, ma burocratica, in cui quello della difesa è considerato un eccesso di diritti”.
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