C’e’ prima di tutto un numero allarmante fornito dal presidente dell’Istituto superiore di sanita’, Silvio Brusaferro, che ha parlato di “1822 decessi nelle Rsa della Lombardia”. E poi ci sono le polemiche sulle carenze di protocolli e dispositivi di sicurezza, come le mascherine, e sulla mancanza di tamponi, elementi che potrebbero aver causato questa strage di anziani. Polemiche a cui la Regione, per voce dell’assessore al Welfare Giulio Gallera, ha voluto rispondere con una conferenza stampa per ricordare che una commissione “autonoma e indipendente”, ufficialmente appena nominata, si mettera’ “subito” al lavoro per fare chiarezza. Due punti fermi, pero’, Gallera ha provato a metterli. “Non c’e’ stata alcuna contaminazione”, ha detto, da parte dei pazienti Covid trasferiti dagli ospedali nelle Rsa, perche’ sono stati collocati in “strutture separate”. E le case di riposo, poi, sono gestite “da privati o da fondazioni afferenti ai comuni” e alla Regione “spettano le linee guida e il compito della sorveglianza”. Compito anche questo che sara’ “valutato” dalla commissione istituita dal Pirellone e presieduta da Mauro Agnello, ex direttore dell’Agenzia per il controllo del sistema sociosanitario lombardo. Mentre sul caso del Pio Albergo Trivulzio (oltre 120 morti da marzo in poi, con gli ispettori del Ministero della Salute gia’ al lavoro) e su quello di un’altra quindicina di residenze indaga anche la Procura milanese per epidemia e omicidio colposo e violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, Gallera ha affermato che gia’ tra fine febbraio (il 23) e i primi marzo (l’8) la Regione detto’ “linee guida” per le case di riposo. Indicazioni “precise” anche su “come trattare gli ospiti con sintomatologia simil Covid”, che andavano isolati.
I trasferimenti dagli ospedali, accettati su base volontaria da 15 Rsa, sono serviti “per salvare delle vite”, ha detto ancora, quando gli ospedali erano al collasso. E gli anziani, ha spiegato ancora l’assessore, hanno ricevuto migliori cure rimanendo nelle residenze perche’ “portare persone inferme nei pronto soccorso saturi sarebbe stato piu’ rischioso per loro”. In piu’, ha sostenuto ancora l’assessore, “fare il tampone a persone con problemi respiratori era totalmente inutile, noi abbiamo detto alle Rsa di isolare quegli ospiti con sintomi”. In effetti, se i numeri delle morti sono impressionanti, sono bassi quelli dei casi accertati di contagio. Pochissimi i tamponi, insomma. Su un totale, ad esempio, di 3859 deceduti nelle Rsa – come scrive l’Iss in un rapporto basato su un questionario compilato da 577 strutture in tutta Italia – solo 133 sono risultati positivi a tamponi effettuati. Intanto, dei numeri li hanno voluti fornire anche Fp-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil su una delle terre piu’ devastate dallo tsunami Coronavirus, la provincia di Bergamo, dove per i sindacati a marzo hanno perso la vita 1.100 ospiti nelle case di riposo. In una provincia in cui, tra Alzano Lombardo e Nembro, non venne istituita una nuova ‘zona rossa’, con le polemiche che ne sono seguite tra Governo e Regione. Un fronte su cui, tra l’altro, sono al lavoro anche i pm di Bergamo nell’inchiesta che vede al centro la gestione dei primi pazienti nel pronto soccorso di Alzano che divenne focolaio di contagio. “E’ evidente che in queste condizioni il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo non puo’ rimanere aperto”, scriveva in una lettera il 25 febbraio il direttore sanitario della struttura, Giuseppe Marzulli, all’Azienda socio sanitaria Bergamo Est, che avrebbe deciso di riaprire il presidio il 23 febbraio, dopo poche ore di chiusura. Tutti elementi al vaglio dei pm, con l’acquisizione di documenti e l’ascolto di testimoni, tra medici e operatori.
Articolo pubblicato il giorno 10 Aprile 2020 - 19:49 / di Cronache della Campania