“L’estate, ormai alle porte, è la stagione calda della musica, il momento più impegnativo per la misura dell’offerta e per la quantità di pubblico che viene coinvolto. Festival di jazz, di musica classica, concerti pop, raduni negli stadi, rassegne rock. Una vera e propria industria che interessa migliaia di lavoratori, migliaia di musicisti e centinaia di migliaia di spettatori, un mondo che in questo momento vive sospeso nell’incertezza o meglio nel non sapere.
Che succederà? Nei piani di riapertura graduale per il ritorno alla vita del Paese non viene fatta menzione. Si dice che sarà l’ultimo settore a poter riprendere la propria attività. Ma per l’immediato futuro nulla, nessuna prospettiva.
Possibile che il governo, i ministeri competenti non siano già in grado di stabilire con una certa sicurezza quale sarà il destino di questo settore nei suoi prossimi tre mesi? Ormai si sa che la fase 2 comincerà il 4 maggio. Quanto durerà?
E prevedibile che si allungherà sull’estate, prima di una liberalizzazione più ampia.
In altri paesi hanno spiegato: scordatevi di tornare nelle arene, negli stadi, nei teatri. Sarebbe una parola di chiarezza per tutti, spettatori compresi. I festival, le rassegne, i concerti potrebbero cominciare a stabilire in che modo far saltare i propri appuntamenti o se posporli come è stato fatto da altre parti, farebbero così chiarezza con le proprie strutture e con gli spettatori. In fin dei conti potrebbero risparmiare anche dei costi, cosa che in questo momento non sarebbe mal vista.
E allora, diteci che succede. Non costa nulla.”
Articolo pubblicato il giorno 16 Aprile 2020 - 19:18