Avellino. La Ema, la multinazionale inglese dell’aerospazio con sede in provincia di Avellino vuole riprendere l’attività senza garantire la sicurezza dei dipendenti e dei loro familiari per l’emergenza coronavirus: è quanto denuncia la Uil di Avellino che avrà domani alle 12 un incontro in videoconferenza con la Prefettura per discutere l’eventuale sospensione dell’autorizzazione a riprendere le attività. L’azienda era stata chiusa per l’emergenza anche in virtù dell’istituzione della zona rossa ad Ariano Irpino. Il segretario della Uil Avellino/Benevento Gigi Simeone ha inviato una lettera nella quale evidenza i rischi di un’eventuale ripresa dell’attività senza test rapidi. “Adesso a quattro settimane dal blocco delle attività, guardando i tanti in prima linea nei servizi, nella Sanità, nel commercio e delle attivata di sicurezza, che ci consentono di continuare ad avere una prospettiva mettendo a rischio la propria vita esposti e talvolta disarmati come sono, siamo se possibile nella fase più delicata, per difficoltà diverse ma ugualmente insostenibili per tutti, che però sembrano non essere valutate oggettivamente e diverse come sono da quelle che abbiamo conosciute, con il rischio di vanificare anche ciò che fino ad ora è stato fatto – scrive Simeone -. Difficolta diffuse e diverse, sia per la mancanza di reddito che riguarda quelli che un lavoro lo avevano e che non possono lavorare, per quelli che un lavoro lo avevano e non regolare ma che comunque avevano un reddito e che sono praticamente invisibili, come sempre, poi c’è il mondo di chi coperto dalle misure d’un sostegno al reddito farebbe a meno di riprendere le attività sospese, ma che sulla base di non si capisce quali emergenze e determinazioni di attività “essenziali” vengono chiamati a riprendere le attività con il rischio di essere potenzialmente nocivi per se stessi e per il resto della comunità lavorativa e familiare”. Simeone spiega la situazione della Ema: “Abbiamo provato anche in sede di confronto in Prefetture a far capire che non siamo contro la ripresa delle attività, ma vorremmo che il faro fosse la ineludibile ripresa a favore del bene comune, che in questo istante storico, non è il reddito di impresa, nè il mercato che non aspetta, e nemmeno la piena retribuzione, bensì la sicurezza per se stessi e per gli altri. Se non si è indispensabili per fornire servizi ed attività di pubblico interesse, non è corretto e forse nemmeno onesto provare a far passare il messaggio “se non si riparte sono a rischio posti di lavoro”. I paradigmi con cui abbiamo affrontato il confronto e talvolta il scontro tra aziende e lavoratori, tra capitale e lavoro sono stati stralciati da un nemico invisibile, che ha messo a nudo tutti i limiti dei singoli interessi, qualunque essi siano stati, fino a metterli abbondantemente in secondo piano rispetto a quelli generali”.
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