E’ morto ieri (21 marzo) Tonino Conte. Regista, drammaturgo e scrittore, artista visivo e visionario, aveva 84 anni. A darne la notizia il figlio Emanuele e la compagna Maria De Barbieri insieme al suo Teatro della Tosse che aveva fondato nel 1975 con Emanuele Luzzati, Aldo Trionfo, Giannino Galloni, Rita Cirio e un gruppo di attori.
Era stato fra i primi registi italiani a concepire gli spettacoli in grandi spazi apertiA: la sua cifra stilistica divenuta tale anche per tutta la storia della “Tosse”.
La sua lunga carriera teatrale inizia nel 1968 all’insegna della patafisica, con la regia dell'”Ubu Re” di Alfred Jarry, un personaggio-simbolo di scanzonata ma inarrestabile rivoluzione che traccia fin dal principio il segno di tutta una vita dedicata all’invenzione e al gioco: uno spettacolo premiato in più festival europei. Nato a Napoli nel ’35, Conte è genovese dall’età di tre anni. Prima di approdare al teatro – nel ’59 alla Borsa di Arlecchino di Aldo Trionfo – si adatta ai piu’ svariati mestieri. Nel ’66 il testo d’esordio, Gargantua Opera, va in scena a Parigi. Firma regie per il Piccolo Teatro, lo Stabile di Genova, il Teatro Antico di Siracusa, l’Arena di Verona, il Carlo Felice, il Regio di Torino, il Maggio Musicale Fiorentino – dentro e fuori il teatro: i capannoni ex nucleare dell’Ansaldo, la Diga Foranea di Genova, fortezze e borghi.
Collabora con scenografi, e costumisti e musicisti come Ivano Fossati e Nicola Piovani. Pubblica racconti, poesie e saggi, il romanzo L’amato bene (Einaudi) vince il Premio Mondello. Tra i premi ricevuti, l’Ubu per l’attività della Tosse, il Vallecorsi, il Grifo d’Oro della Città di Genova. Nel 2015 gli viene dedicata una mostra a Palazzo Ducale. Per spiegare il rapporto di Tonino Conte con il teatro bisogna ricordare un episodio, un incontro del 1995 con l’allora arcivescovo di Genova Dionigi Tettamanzi nel centro storico, dove era nato il Teatro della Tosse. “Monsignore, le confesso che io non vado molto in Chiesa. E non ci vanno molto nemmeno le persone che lavorano con me, nel teatro di Sant’Agostino, nella sartoria e nel laboratorio. Però lavoriamo, lavoriamo molto, dal mattino alla sera. E con il lavoro abbiamo insegnato a recitare, a cucire, a far di conto e a costruire con il legno e la tela a tanti giovani. Che qualche volta si sono sposati, hanno preso casa qui vicino, hanno avuto dei figli. Ecco eminenza, la nostra preghiera è il lavoro, il lavoro di tutti noi insieme”. Conte: il teatro come famiglia.
Articolo pubblicato il giorno 22 Marzo 2020 - 09:43