“Le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono essere sottoposti, tutti e con urgenza, al tampone per l’accertamento dell’eventuale contagio al Coronavirus. Anche alla luce dei tanti contagiati e di già due decessi nella Polizia Penitenziaria avvenuti, per preservare i ristrettì da eventuali contagi incontrollabili in carcere, denuncio che non siamo dotati di un adeguato numero di idonee mascherine e guanti per fronteggiare l’epidemia in un contesto, come quello penitenziario, ad altissimo rischio. Al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiedo di non ritardare ulteriormente un accertamento – quale è appunto quello del tampone ai Baschi Azzurri – che è fondamentale per la sicurezza sociale”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri.
L’emergenza coronavirus e le proteste di inizio marzo hanno portato alla luce uno dei tanti settori colpiti dalle restrizioni per prevenire i contagi. Il DPCM dell’8 marzo ha previsto infatti norme apposite per gli istituti penitenziari: i casi sintomatici dei nuovi ingressi devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti; i colloqui visivi si devono svolgere in modalità telefonica o video; diventano limitati i permessi e la libertà vigilata. Queste misure, volte a favorire un contenimento della diffusione del virus, si sono scontrate con una realtà non semplice.
“Gli istituti penitenziari italiani soffrono di problemi cronici che periodicamente vengono affrontati ma non del tutto risolti. Ad oggi, come riporta il sito del Ministero della Giustizia, rispetto all’effettiva capienza delle carceri italiane, in grado di ospitare intorno ai 51mila detenuti, i reclusi effettivi sono oltre 60mila, di cui circa un terzo stranieri.
“Non abbiamo strumenti e mezzi idonei a fronteggiare questa drammatica emergenza”, prosegue Capece. “Mi sembra manchi proprio la consapevolezza che un Corpo di Polizia dello Stato non può operare senza uomini, mezzi e strumenti in un contesto potenzialmente esplosivo come quello delle carceri, con una promiscuità costante. Ed allora la soluzione potrebbe essere quella di passare il Corpo di Polizia Penitenziaria al Ministero dell’Interno”, conclude Capece.
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