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Parmalat revoca la distribuzione del latte Berna alla società di Greco: 32 dipendenti rischiano il posto di lavoro

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Parmalat revoca la concessione della distribuzione di latte Berna alla Cil dell’imprenditore stabiese Adolfo Greco in carcere da oltre un anno per presunte collusione con la camorra stabiese e con il clan dei Casalesi.  E ora rischiano il posto di lavoro i dipendenti che hanno inviato una nota alle forze politiche locali e ai sindacati chiedendo anche un incontro con il primo cittadino di Castellammare. “La decisione assunta da Parmalat incrocia il destino di oltre 30 persone. La multinazionale del latte- si legge nella nota- ha infatti revocato la concesione a CIL, azienda di proprietà di Adolfo Greco che è coinvolto in un’inchiesta sul clan dei Casalesi. Una decisione che mette a rischio i dipendenti ed agenti di commercio della società che hanno tenuto a precisare la totale estraneità ai fatti giudiziari che vedono coinvolto il titolare della società. “Abbiamo sempre svolto il nostro lavoro con dedizione e sacrificio per la società CIL Srl e quindi per Parmalat Spa – scrivono i dipendenti e gli agenti di commercio in una nota stampa – Siamo in 32, abbiamo una famiglia, e dopo anni di duro lavoro ci troviamo in una condizione di rischio. Un rischio che riteniamo assolutamente ingiustificato dato che abbiamo quotidianamente svolto il nostro servizio nel rispetto dell’ azienda, che, attraverso le persone che l’hanno amministrata, ci ha sempre impartito tra le regole quelle del rispetto dei nostri clienti, rispetto massimo dei nostri concorrenti, impegnarsi duramente nel rispettare l’esclusività dei prodotti che negli anni abbiamo venduto, attaccamento e dedizione al brand Parmalat di cui ci siamo sempre considerati parte integrante della sua grande famiglia. Mai e poi mai i nostri sacrifici e il nostro costante impegno potrà essere messo in dubbio da fatti, estranei e al vaglio, e talvolta illazioni senza fondamento, che in alcun modo e mai e poi mai hanno condizionato la nostra attività lavorativa. Per questo ed altro – conclude la nota –  chiediamo che venga posta attenzione sul grave disagio che potrebbe essere provocato a noi e alle nostre famiglie dal rischio di poter perdere il proprio posto di lavoro conquistato negli anni con dedizione lavorando 320 giorni all’anno di notte e di giorno”.


Articolo pubblicato il giorno 13 Febbraio 2020 - 11:03

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