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La Consulta: ‘No all’applicazione retroattiva sui condannati’

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L’applicazione retroattiva della Legge Spazzacorrotti e’ incostituzionale. Far valere anche nei confronti di chi e’ stato condannato per corruzione per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge, le norme che impediscono di accedere alle misure alternative alla detenzione o alla liberazione condizionale, e’ in contrasto con il principio di legalita’ delle pene, sancito dall’articolo 25 della Costituzione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, cui una decina di tribunali di sorveglianza di tutta Italia si erano rivolti esprimendo dubbi di costituzionalita’ sulla mancanza di una disposizione transitoria, nella legge fortemente voluta dal ministro Bonafede e dai Cinquestelle. Disposizione che, secondo la tesi dei giudici che hanno investito la Consulta, avrebbe dovuto impedire l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso prima del 31 gennaio 2019, data di entrata in vigore della Spazzacorrotti. Era una sentenza attesa e tra i primi a beneficiarne sara’ Roberto Formigoni, che esprime “soddisfazione”, ricordando pero’ di aver “subito alcuni mesi di ingiusta detenzione” proprio per l’applicazione retroattiva della Spazzacorrotti. Condannato per corruzione per la vicenda Maugeri-San Raffaele, l’ex governatore della Lombardia e’ da qualche tempo ai domiciliari e ora, dopo la pronuncia della Consulta, non corre piu’ il rischio di tornare in carcere, come dice il suo avvocato Luigi Stortoni. La decisione della Corte scuote anche la politica e rende ancora piu’ incandescenti le tensioni sulla giustizia dentro la maggioranza. Attacca frontalmente Bonafede Matteo Renzi, che avverte: “Il giustizialismo puo’ essere approvato in Parlamento ma poi viene bocciato in Corte Costituzionale. Non e’ che l’inizio”. Mentre il Guardasigilli – di cui Forza Italia chiede le dimissioni, invitandolo anche a risarcire di tasca sua chi ha subito ingiusta detenzione – invita a lasciare la Consulta fuori dalle polemiche ed evidenzia che e’ stata bocciata l’interpretazione dei giudici, non la sua legge. Per capire il ragionamento della Corte bisognera’ aspettare le motivazioni della sentenza. Intanto una nota dell’ufficio stampa spiega che la Corte ha preso atto che la giurisprudenza ha sempre applicato retroattivamente le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative al carcere, un orientamento seguito pure in occasione della Spazzacorrotti. E i giudici costituzionali hanno ritenuto questa interpretazione costituzionalmente illegittima, se riferita a quei benefici penitenziari il cui mancato accesso comporta “una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla liberta’ personale, rispetto a quella prevista al momento del reato”. Si tratta delle misure alternative al carcere, della liberazione condizionale e del divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla condanna. “E’ una “sentenza storica, che rovescia una giurisprudenza quasi secolare”, esulta l’avvocato Vittorio Manes, che ieri davanti alla Consulta ha sostenuto le ragioni di un condannato “vittima” delle nuove norme e che aveva visto le sue argomentazioni condivise anche dall’avvocato dello Stato. “La legge piu’ scandalosamente populista e giustizialista degli ultimi decenni, la stessa che ha introdotto il principio barbaro dell’imputato a vita, taglia in poco piu’ di un anno il traguardo che si merita”, commenta il presidente dell’Unione delle Camere penali Giandomenico Caiazza.


Articolo pubblicato il giorno 12 Febbraio 2020 - 22:51

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