Favori ai boss dei Casalesi all’interno del carcere di Carinola. E’ definitiva la condanna nei confronti di A.P., agente della polizia penitenziaria originario di Minturno (Latina) di 54 anni. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso e confermato la sentenza pronunciata dai giudici d’Appello.
Secondo l’accusa il 54enne avrebbe ricevuto dai boss detenuti Francesco Diana e Massimo Iovine, entrambi ristretti al 41bis all’epoca dei fatti, soldi o altre utilità in cambio di favori come il non sottoporli a perquisizione prima dei colloqui, favorendo così l’eventuale scambio di pizzini e facendo pervenire direttive all’esterno della casa circondariale, o avvisarli della presenza di intercettazioni durante i colloqui o in cella.
Sono stati poi gli stessi Iovine e Diana, diventati collaboratori di giustizia, ad accusare l’agente penitenziario incastrandolo. Per i giudici della Suprema Corte le dichiarazioni dei due pentiti, detenuti per un periodo anche nella stessa cella, sono “precise, costanti e spontanee”. La Cassazione ha escluso possibili motivi di risentimento che “giustificassero una fraudolenta concertazione ai danni” dell’agente da parte dei due pentiti.
Confermata anche l’aggravante mafiosa in quanto i favori “elargiti ai due esponenti camorristi – la cui caratura era ben nota – erano volti ad agevolare l’associazione criminale di riferimento, sia consentendo la consegna di pizzini durante i colloqui, così da far uscire informazioni utili all’organizzazione, sia neutralizzando le attività investigative svolte nel carcere”.
Gustavo Gentile
Articolo pubblicato il giorno 10 Febbraio 2020 - 22:30