Hanno scritto al Vescovo Alfano i 39 dipendenti della Cil di Castellammare che da due giorni sono rimasti senza lavoro. La società di distribuzione del latte Berna di proprietà dell’imprenditore stabiese Adolfo Greco in carcere da oltre un anno per presunti legami con i clan stabiesi e con i Casalesi. “Eccellenza Reverendissima, Ci rivolgiamo a Lei, guida spirituale della nostra comunità-scrivono i dipendenti- alla luce del grave disagio provocato dalla revoca della concessione per la vendita dei prodotti Parmalat alla nostra azienda. In poche ore la nostra storia personale e lavorativa è stata stravolta senza una motivazione che ci riguardasse direttamente. Ci siamo trovati repentinamente in una condizione di rischio del nostro posto di lavoro, rischio che riteniamo assolutamente ingiustificato dato che abbiamo quotidianamente svolto il nostro servizio nel rispetto dell’azienda. Lo abbiamo fatto con dedizione, impegno e correttezza nei confronti dell’azienda ma soprattutto nei confronti dei clienti Parmalat. Siamo in 39 e questo non è solo un numero. Con noi ci sono le nostre mogli, i nostri figli, i nostri amici e i nostri parenti. Ognuno di noi ha la sua storia personale e lavorativa che, in poche ore, è stata avvolta dalla precarietà a seguito di una decisione assunta dai vertici Parmalat, che per anni abbiamo onorato con il nostro servizio. Siamo consapevoli che Lei è al corrente della nostra situazione e che la segue con attenzione. Vorremmo raccontarLe tutte le nostre storie personali. C’è chi ha moglie e dei figli, chi, giovane, ha intenzione di sposarsi e creare una famiglia. Anni fa abbiamo deciso di restare in questa terra bellissima, far crescere qui i nostri figli e restare qui con la nostra famiglia. Ci sentiamo persi. Senza il lavoro e senza prospettive per il futuro viene meno ogni speranza. Un dramma che mai avremmo immaginato e voluto vivere. La mattina, quando arriviamo in azienda, ad aspettarci c’è un capannone vuoto senza prodotti da vendere. Un contenitore di cemento che ci è stato svuotato per motivi che, e lo ribadiamo, non ci riguardano. Perché noi il nostro lavoro l’abbiamo sempre fatto e fatto bene. Lo dimostrano i nostri risultati cresciuti con il passare degli anni. Eccellenza Reverendissima, Le chiediamo di celebrare con noi, con le nostre famiglie, i nostri figli e con i nostri parenti, una Santa Messa nella nostra struttura, è l’unico modo, ascoltando le parole di conforto del nostro Vescovo, avere la consapevolezza che non siamo soli e che almeno Dio non ci ha abbandonati.
I dipendenti e gli agenti di commercio CIL”.
Articolo pubblicato il giorno 16 Febbraio 2020 - 08:55