Il Giudice, Andrea Battistuzzi, ha disposto il rinvio a giudizio di tutti i 45 imputati che non hanno optato per riti alternativi, fissando la prima udienza dibattimentale del processo, avanti il Tribunale di Venezia, per l’11 giugno 2020. A tale udienza, la Regione Veneto – assistita già nella fase dell’udienza preliminare dall’avvocato Fabio Pinelli di Padova – si costituirà parte civile, a garanzia e tutela della legalità nel proprio territorio e nel costante impegno al contrasto a fenomeni di criminalità organizzata.
Vent’anni dopo i processi alla Mafia del Brenta, si farà in Veneto un nuovo maxi-processo per reati legati alle cosche, a dimostrazione di quanto reale sia l’infiltrazione criminale. In realtà si tratta di due distinti procedimenti, costole dell’inchiesta riguardante gli intrecci tra Camorra e politica nel Veneto Orientale, segnatamente a Eraclea e sul litorale adriatico. Le accuse vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso all’estorsione, dallo spaccio di droga alla bancarotta e reati fiscali. Il processo, che dovrà ricostruire un decennio di criminalità organizzata, sarà presieduto dal giudice Stefano Manduzio. Ma altri 25 imputati hanno preferito chiedere il rito abbreviato e così dovranno presentarsi al palazzo di giustizia il 26 febbraio. Tra coloro che hanno scelto il rito alternativo ci sono anche alcuni personaggi legati a Luciano Donadio, indicato come il boss che aveva trasferito al nord metodi mutuati dalla camorra di Casal di Principe.
Tra coloro che hanno chiesto l’abbreviato c’è anche l’ex sindaco di Eraclea, Graziano Teso, poi diventato vicesindaco dell’avvocato Mirco Mestre che un anno fa era finito in carcere. Teso è indicato come il politico di riferimento della cosca, al punto da essere imputato di concorso esterno in associazione mafiosa proprio per l’aiuto che avrebbe garantito, con la macchina comunale, agli affari di Donadio, titolare di diverse società, attive anche nell’edilizia. Con il rito abbreviato saranno giudicati anche l’agente di Polizia Moreno Pasqual (per lui l’accusa di aver fornito informazioni riservate al clan) e l’avvocatessa Annamaria Marin, già presidente della Camera Penale veneziana, a cui viene contestata l’ipotesi di favoreggiamento di Donadio, che in passato è stato suo cliente.
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