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Camorra, il pentito D’Amico: ‘Volevo ammazzare Michele Minichini perché stava con Ciro Rinaldi’

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Umberto D’Amico: “Volevo ammazzare Michele Minichini perché stava con Ciro Rinaldi” , è parte della deposizione del pentito Umberto D’Amico resa l’altro giorno nell’aula 211 innanzi alla sesta sezione del Tribunale di Napoli dove sono imputati Ciro Cerrato di Ponticelli (difeso dall’avvocato Loredana Di Luca) ed il ras barrese Gennaro Aprea (difeso dall’avvocato Giuseppe Milazzo). I due rispondono di un raid armato partito da Barra e diretto verso Napoli centro. Il collaboratore di giustizia, figlio di Gigiotto e nipote di Salvatore o’ Pirata, ha esordito ribadendo di aver comandato San Giovanni, fino a prima dell’omicidio di Luigi Mignano. Controesame rivelatosi molto teso per il teste del Rione Villa, interrottosi più volte di fronte alle incalzanti domande del collegio difensivo. Il giovane Umberto avrebbe infatti sostenuto di essersi incontrato con uomini che in quel periodo erano suoi nemici, che gli avrebbero chiesto di non toccare Michele o’ Tiger, il figlio di Ciro Minichini, che, col fratello Alfredo, ormai aveva un clan autonomo su Ponticelli.


Articolo pubblicato il giorno 1 Febbraio 2020 - 13:08
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