Lo ha convinto a seguirlo alle spalle di un furgone parcheggiato in centro a Rozzano, nel milanese, gli ha puntato addosso una pistola e ha sparato quattro colpi, uccidendolo. Un’esecuzione in piena regola, premeditata almeno da qualche giorno se non addirittura da mesi, quella di un 35enne oggi condannato a 20 anni in abbreviato a Milano per avere ucciso, nel febbraio scorso, il suocero accusato di avere abusato di sua figlia (e nipote della vittima) di sei anni. La pena, di molto inferiore rispetto alla richiesta di condanna all’ergastolo proposta dal pm, e’ dovuta non solo per la scelta del rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena, ma anche per via del riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti (premeditazione e recidiva reiterata). Riconoscimento che, da quanto si e’ appreso, avrebbe tenuto in considerazione il forte turbamento del killer, sconvolto dagli abusi subiti dalla sua figlioletta. Uno stato emotivo certificato da una consulenza psichiatrica portata dalla difesa, depositata agli atti del processo, e che e’ stata tenuta in considerazione dal gup Aurelio Barazzetta. Il giudice invece non ha concesso, come chiesto dal legale dell’uomo, l’avvocato Lucio Abbondanza, l’attenuante dell'”avere agito per motivi di particolare valore morale e sociale”. Il suo complice, l’amico che lo accompagno’ in scooter fino al luogo del delitto, e che era incensurato, e’ stato condannato a 18 anni di carcere. L’accusa per entrambi era di omicidio volontario premeditato. Il giudice ha riconosciuto 1 euro di risarcimento simbolico come chiesto dalla ex compagna del killer e mamma della bimba, che si e’ costituita parte civile. “Ha domandato solo 1 euro – ha chiarito il suo legale, l’avvocato Lara Benetti – perche’ non voleva che qualcuno l’accusasse di voler approfittare, dal punto di vista economico, della situazione. Eppure in tanti hanno condannato questo suo gesto, sui social network e non solo”. In base alla ricostruzione del pm Monia Di Marco, secondo la quale i due imputati meritavano il carcere a vita, l’assassinio fu una “vendetta” premeditata e non nacque, invece, da un “black out” mentale dell’uomo sconvolto dalle violenze subite dalla piccola. Gia’ dal novembre 2018, il killer sarebbe stato a conoscenza dell’indagine per violenza sessuale a carico del suocero, che viveva a Napoli. E proprio nelle stesse ore in cui e’ stato commesso il delitto, fra l’altro, la piccola era in tribunale per confermare davanti al giudice gli abusi subiti dal nonno. L’anziano era arrivato a Milano dalla Campania qualche giorno prima della sua esecuzione, per partecipare all’incidente probatorio. Pero’ all’ultimo non si era presentato ed e’ rimasto invece nel parco giochi, a poca distanza da dove e’ stato ucciso, in compagnia dei suoi familiari. Intorno alle 18, e’ stato ammazzato dal genero. Dopo la lettura del dispositivo l’avvocato Benetti ha commentato: “La mia assistita voleva giustizia, non vendetta, infatti aveva gia’ intrapreso un’altra via, quella legale, nei confronti di suo padre”. Le motivazioni entro 60 giorni.
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