Piersanti Mattarella quaranta anni dopo. Resta il sogno di una regione “con le carte in regola”. Rimane lo sforzo di un ricerca della verita’ che ancora non e’ completa e che procede a fatica dentro la pista di una saldatura tra Cosa nostra e il terrorismo nero. Oggi Palermo ha ricordato il suo presidente della Regione, ucciso nel giorno dell’Epifania del 1980. Le corone di fiori sul luogo dell’omicidio. Poi l’intitolazione del Giardino Inglese. Infine, la seduta solenne dell’Assemblea regionale siciliana, davanti al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, tra i primi a soccorrere e a prendere tra le sue braccia il fratello subito dopo l’agguato. La mafia e la spirale terroristica avevano abbattuto la speranza politica piu’ autorevole dell’Isola, l’allievo di Aldo Moro, siciliano tenace e capace, lucido e ostinato propugnatore di una politica rigorosa e di rinnovamento. Una sfida, questa, ancora attualissima, insieme a quella per la verita’ piena su questo delitto che la procura di Palermo e’ tuttora impegnata a ricostruire compiutamente. “Mafia e corruzione, in Italia, restano due piaghe che occorre debellare ed estirpare in ogni loro forma e articolazione, attraverso l’impegno di tutti: istituzioni, politica e cittadini”, ha affermato la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che ha avvertito: “A tutt’oggi sull’omicidio Mattarella conosciamo solo una parte della verita’: per le istituzioni e’ compito prioritario portare fino in fondo la ricerca delle responsabilita’, per onorare la sua memoria e restituire giustizia ai familiari”. Piersanti un “politico onesto e rigoroso, servitore dello Stato, esempio di riscatto per le giovani generazioni e per tutti coloro che hanno contribuito e continuano a contribuire con determinazione alla lotta alla mafia”, ha scritto su Twitter il presidente della Camera, Roberto Fico. A Palermo anche il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano: “Se siamo qui e’ perche’ la mafia la guerra non l’ha vinta, le istituzioni hanno reagito abbattendo e sconfiggendo il braccio militare di Cosa nostra”. Ma “se la mafia non ha vinto pero’ non ha neanche perso perche’ il suo potere di infiltrazione e’ ancora presente. Il lavoro di Piersanti Mattarella deve essere completato: abbiamo bisogno di una Sicilia e di un Sud efficiente e formare una nuova classe dirigente che rompa le connivenze per cui Mattarella si e’ battuto”. (AGI)Mrg (Segue) 061327 GEN 20 NNNN= IL PUNTO = Piersanti Mattarella: 40 anni dopo si cerca verita’ (2) = (AGI) – Palermo, 6 gen. – L’ex procuratore Pietro Grasso ha ricordato che “il caso fu da subito condizionato da una intensa opera di depistaggio. Il presidente della Regione aveva avviato una decisa politica riformatrice per ricostruire il tessuto economico, sociale, culturale di ‘una Sicilia con le carte in regola’. Un progetto che minacciava gli interessi della mafia e di certa politica. La verita’, dopo quarant’anni, non e’ ancora emersa e va cercata ancora in quel blocco di potere politico mafioso che nasconde tanti, troppi segreti”. E’ un fatto che 40 anni fa l’Isola piombo’ nuovamente nel suo inferno, in un destino che appariva sempre piu’ segnato e senza scampo ne’ redenzione possibile. Questa stessa zona della citta’, quella attorno a via Liberta’, cuore urbano del capoluogo, in quegli anni era diventata il crocevia del terrore mafioso: li’ vicino, in via Di Blasi, il 21 luglio del ’79, era stato ucciso il capo della Mobile Boris Giuliano. Una scia di sangue, iniziata quell’anno, il 26 gennaio, con l’uccisione del giornalista Mario Francese. Il successivo 9 marzo era stata la volta del segretario provinciale della Dc, Michele Reina. Il 25 settembre del ’79 furono ammazzati il giudice Cesare Terranova e il maresciallo Lenin Mancuso. Piersanti Mattarella da tempo si era reso conto della necessita’ di recidere con urgenza e nettamente i legami della politica e del suo partito con la mafia. La vicenda giudiziaria e’ stata lunga e complessa. E non definitiva. Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss della commissione di Cosa nostra (Toto’ Riina e Michele Greco su tutti, con gli altri esponenti della cupola: Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calo’, Francesco Madonia e Antonino Geraci). L’inchiesta, pero’, non e’ riuscita a identificare ne’ i sicari ne’ i presunti mandanti esterni. Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull’omicidio: nuovi accertamenti considerati doverosi, anche attraverso complesse comparazioni fra reperti balistici, per quanto siano resi complicati dal lungo tempo trascorso e dalle sentenze passate in giudicato. Nel mirino ancora una volta i Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, il cui capo, il terrorista nero Giusva Fioravanti, riconosciuto dalla vedova di Piersanti Mattarella, Irma Chiazzese, fu processato e definitivamente assolto dall’accusa di essere stato il killer. Uno dei reperti del processo celebrato a Palermo, la targa di un’auto del commando, sarebbe stata divisa in due dagli autori del furto e una parte fu poi ritrovata in un covo dell’organizzazione terroristica neofascista. Dal punto di vista processuale, peraltro, la collaborazione tra “neri” e mafiosi, in vari fatti e azioni delittuose, basata su un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra, era gia’ stata piu’ volte sostenuta, ad esempio per la strage del dicembre 1984 del Rapido 904. C’e’ poi l’ultimo capitolo sulle armi che uccisero Piersanti Mattarella e il giudice antiterrorismo Mario Amato; sono dello stesso tipo, una Colt Cobra calibro 38 Special, ma non c’e’ alcuna certezza sulla loro identita’: non si puo’ dire cioe’ che il presidente della Regione Sicilia e il giudice, assassinati rispettivamente a Palermo e a Roma, nell’arco di poco meno di sei mesi, nel 1980, siano stati uccisi con la stessa pistola. Si tratta, allo stato, di un’ipotesi ritenuta “suggestiva”, ma sulla quale non possono esserci i necessari riscontri tecnici, gli unici che potrebbero dare una qualche conferma oggettiva o pressoche’ oggettiva. Nella nuova inchiesta del Ros dei carabinieri, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, qualsiasi comparazione con i proiettili estratti dal corpo di Mattarella, a causa del lunghissimo tempo trascorso dal fatto, e’ sostanzialmente impossibile. Nei giorni scorsi il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, aveva assicurato che “si prosegue nel delicato e complesso lavoro di desecretazione”.
Articolo pubblicato il giorno 6 Gennaio 2020 - 14:08