Napoli. Non ce l’ha fatta ad avere giustizia Antonio Ambrosio, ex direttore di banca napoletano diventato, secondo quanta fa sapere la sua famiglia attraverso l’avvocato, invalido civile al 100% dopo essere stato vittima di un presunto caso di malasanità, come denunciato alla magistratura dalla moglie e figlio. “Il decesso è sopraggiunto dopo le lesioni subite e dopo tante sofferenze causate dalle terapie e dagli interventi necessari alla sopravvivenza”, fa sapere l’avvocato Angelo Pisani, incaricato prima da Ambrosio e adesso dai suoi eredi di difenderli nel processo. Il processo a carico dei presunti responsabili è ancora in fase istruttoria e di accertamento medico legale, in relazione alle responsabilità sanitarie. “Un procedimento – sottolinea Pisani – che oramai può servire solo come precedente affinché negli ospedali i pazienti non siano trattati come numeri e vi sia maggiore attenzione e umanità”. Il calvario di Ambrosio inizia il 31 luglio 2015, giorno in cui gli viene operato per un tumore, precisamente un adenocarcinoma al colon, nell’ospedale Cardarelli di Napoli. “Durante l’intervento eseguito in laparoscopia, – fa sapere l’avvocato Pisani – gli venne lesionato l’uretere sinistro e il peritoneo. Dopo 48 ore Ambrosio finisce nuovamente in chirurgia d’urgenza per un’altra operazione. Rimane ricoverato per ben 48 giorni. Poi ne seguono altri tre, rispettivamente di 45, 45 e 57 giorni e tanti altre corse al pronto soccorso per le continue emergenze “. Alla neoplasia si aggiungono altre patologie che, secondo quanto riferisce l’avvocato Pisani, sarebbero state determinate dall’intervento chirurgico andato male: “insufficienza renale cronica, conseguenze devastanti derivanti da una setticemia, ricanalizzazione ureterale mediante intervento chirurgico complesso”. In una lettera scritta poco tempo prima del decesso, è lui stesso a spiegare la vicenda: “Anche a me è toccato affrontare il cancro – si legge nella missiva che Ambrosio ha consegnato all’avvocato Pisani affinché la rendesse nota attraverso i media – ma, purtroppo, sul mio campo di battaglia non ho trovato angeli ma solo persone senza coscienza che, dopo avermi arrecato danni e nuove patologie, di cui non avevo mai sofferto, senza alcuna umanità e consapevolezza mi hanno lasciato solo, alla ricerca di una soluzione che ponesse fine ai miei ormai 18 mesi di sofferenza”. “Nessun risarcimento potrà mai restituire un padre al figlio e il marito alla moglie – conclude l’avvocato Pisani – che in questi anni hanno percorso lo stesso calvario del loro familiare, ma almeno speriamo che questo ennesimo sacrificio e tragedia possano servire a salvare altre vite umane e migliorare la sanità rendendo giusto riconoscimento a quei medici che sono eccellenze nella loro missione professionale”.
Articolo pubblicato il giorno 9 Gennaio 2020 - 16:58