Attualità

L’ora X della Brexit, cosa cambia con l’addio. I simboli cadono subito. Sul resto si avvia la transizione

Condivid

Il punto di non ritorno della Brexit e’ ormai raggiunto. Dal primo febbraio il Regno Unito manda in archivio poco piu’ di 47 anni di storia comune con l’Ue, di partnership recalcitrante e spesso contrastata, ma non priva di vantaggi reciproci, e torna – salvo ipotetici ripensamenti di un futuro incerto e indeterminato – al suo destino insulare. Ma cosa cambia in concreto? Nell’immediato poco, visto che il vero distacco dalle regole e dai paletti attuali – sul mercato unico, le dogane condivise, la liberta’ di movimento delle persone, la giurisdizione della Corte di Giustizia europea – ci sara’ solo alla fine del cosiddetto periodo di transizione ‘soft’ verso il divorzio fissata al momento per il 31 dicembre 2020. E tuttavia qualcosa d’importante, anche in termini simbolici, si consuma in effetti hic et nunc. Come tanto di ammainabandiera. IL COUNTDOWN – L’ora X e’ precisa, le 23 britanniche e la mezzanotte centro-europea a cavallo fra 31 gennaio e primo febbraio. Da un minuto all’altro, e a oltre tre anni e mezzo dalla vittoria del Leave al referendum del 2016 (1317 giorni, per l’esattezza), Londra e Bruxelles si separano, seppure mantenendo lo status quo per (almeno) 11 mesi in attesa di negoziare i nuovi parametri delle relazioni future sul commercio e sul resto. Ma fin da subito l’Unione avra’ 66 milioni di cittadini in meno (il totale dei sudditi di Sua Maesta’ britannica) e perdera’ per la prima volta un pezzo (un Paese) nella sua storia di allargamenti successivi: ritrovandosi con 446 milioni di abitanti e un territorio ridotto del 5,5%. LE ISTITUZIONI – La caduta dei simboli – via l’Union Jack dai palazzi di Bruxelles, via i vessilli europei dai templi del potere britannico – suggella il sipario su un’epoca. Il Regno Unito torna a essere Paese terzo, come era stato fino al 1973, e rinuncia a 73 deputati, lasciando liberi seggi ridistribuiti in parte fra vecchi membri del club (46, di cui 3 all’Italia) e in parte tenuti in frigo per i prossimi soci balcanici (27). Londra rinuncia poi al suo commissario europeo ed esce immediatamente dai vertici dei 27: il primo ministro Boris Johnson non sara’ piu’ invitato ai Consigli europei, il suo governo e i suoi diplomatici non parteciperanno piu’ ad alcuna riunione e non avranno voce in capitolo nelle decisioni prese d’ora in avanti, pur continuando a contribuire al bilancio comunitario sino a esaurimento della transizione. I cittadini britannici vengono inoltre esclusi dai concorsi per posti di funzionari Ue. I DIRITTI DEI CITTADINI – E’ uno dei temi piu’ delicati del divorzio, date le implicazioni familiari e personali, oltre che politiche, che porta con se’. Si stima che nel Regno Unito risiedano oggi 3,6 milioni di cittadini di Paesi Ue, inclusi quasi 400.000 italiani registrati all’anagrafe consolare (oltre 700.000 calcolando a spanne anche i non registrati). Mentre i britannici sparsi per il continente sono indicati in 1,2 milioni. In base dell’accordo di divorzio, tutti gli espatriati registrati come residenti gia’ oggi o durante la fase di transizione e fino al 30 giugno 2021, manterranno – da una parte e dall’altra – i diritti odierni nei rispettivi Paesi di accoglienza: quasi come se la Brexit per loro non ci fosse. Le cose cambieranno tuttavia per gli ingressi successivi, con lo stop alla liberta’ di movimento nel 2021 e l’introduzione di nuove regole secondo un regime d’immigrazione che in Gran Bretagna significhera’ sostanziale equiparazione fra europei ed extracomunitari, passaporti obbligatori e non piu’ carta d’identita’ per entrare, norme piu’ stringenti per restare a lavorare, visti (per quanto facilitati) per i turisti. IL NEGOZIATO BIS – Esaurite le trattative sulla separazione, il team negoziale europeo di Michel Barnier dovra’ nei prossimi mesi discutere le relazioni future a passo di carica con la nuova task force di Downing Street guidata da David Frost. I colloqui entreranno nel vivo a marzo, ma Barnier gia’ prevede un calendario fitto d’incontri continui. In ballo c’e’, in primis, il dossier dei rapporti commerciali. Johnson punta a un trattato di libero scambio con i 27, a “zero dazi e zero quote”; ma i tempi sono stretti, i dettagli tecnici complessi, gli ostacoli e i potenziali conflitti numerosi. Col rischio di un nuovo cliff edge (un orlo del precipizio, se non proprio un no deal a scoppio ritardato) destinato a riproporsi fra 11 mesi.


Articolo pubblicato il giorno 30 Gennaio 2020 - 16:52
Redazione Cronaca

Pubblicato da
Redazione Cronaca

Ultime Notizie

Napoli, lesione al soleo per Neres: stop di un mese per l’attaccante brasiliano

Napoli– Brutte notizie per il Napoli e per Antonio Conte: David Neres sarà costretto ai… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 18:37

Napoli al ritmo di Jazz: dal 24 aprile eventi e artisti internazionali in giro per la città per il Programma OFF

Iniziano a Napoli le celebrazioni del jazz che anticipano la seconda edizione della Giornata Internazionale… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 18:20

Recupero Inter-Roma: verso domenica 27 aprile

Il big match Inter-Roma è già stato riprogrammato per domenica 27 aprile, mentre la sfida… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 18:16

Tragedia del Faito, 4 indagati. I NOMI

Napoli – Si aggrava il quadro investigativo sulla tragedia alla funivia del Monte Faito. Sono… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 17:49

Il rap di Guè fa scatenare The Desert Arena

Guè fa impazzire l'Egitto con un dinner party da urlo nel deserto Il rapper Guè,… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 17:37

Talento grezzo degli studenti del Marconi di Giugliano domina l’hackathon ad AreaLab 35

Studenti del Marconi di Giugliano conquistano l'innovazione in un Hackathon da brividi, trasformando la scuola… Leggi tutto

22 Aprile 2025 - 17:07