Pietro Anastasi voleva andare in Svizzera come Dj Fabo, porre fine alle sue sofferenze con il suicidio assistito: “Me lo chiedeva quando era già malato, ma non sapeva ancora di avere la Sla”. Lo dice, in un’intervista a Il Messaggero, Anna Bianchi, la vedova dell’ex centravanti, morto a 71 anni in un hospice di Varese dove si è fatto addormentare. Cinquant’anni di matrimonio e “insieme da 53”, due figli, Anna Bianchi ricorda che tutto è cominciato tre anni fa quando si è scoperto che l’ex calciatore “aveva un tumore all’intestino e la Sla. E’ stato operato subito per il tumore e sottoposto alla chemioterapia, riuscendo a sconfiggerlo”. All’inizio la moglie ha deciso di non dire al marito della Sla, d’accordo con i figli. Ma quando per lui qualsiasi minimo gesto quotidiano si stava trasformando in un’impresa insormontabile, un giorno, tre mesi fa, “l’ho guardato negli occhi e gli ho detto: Sai cos’hai?. E lui mi ha risposto: Sì, ho la Sla. Ed è rimasto a lungo in silenzio”. Sono subentrate le cure palliative, Anastasi ha resistito fino a che ha potuto, poi la scorsa settimana ha chiesto alla moglie di accompagnarlo nel ricovero in una struttura, “così mercoledì siamo entrati in questo hospice a Varese”. L’ex calciatore “aveva rinunciato all’accanimento terapeutico, scrivendo su un foglio che rifiutava di essere rianimato. Ha anche rifiutato la tracheotomia alla quale gli avevano consigliato di sottoporsi. Quindi è arrivata una dottoressa, una persona davvero splendida, ha parlato con mio marito e gli ha prospettato la sedazione con una puntura. Si sarebbe addormentato e non si sarebbe mai più svegliato. E’ andata proprio cosi’ ed e’ avvenuto tutto molto rapidamente”. Con lui “c’eravamo io e mio figlio. Mi faccio sedare, ci ha comunicato. ‘No, aspetta’, l’ho pregato. Ma aveva deciso”. Questa e’ una cosa che si fa solo “se ci si ama e prima di morire mio marito mi ha detto delle parole bellissime” conclude.
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