Ancora non si sa come Carlos Ghosn sia riuscito a scappare dal Giappone e a entrare in Libano ma dalle indiscrezioni che sono uscite, la vicenda sta assumendo contorni sempre più inquietanti e da vera e proprio spy-story. Anzi, sui social c’è chi scommette che presto ne faranno una serie tv per Netflix di cui Ghosn è un affezionato utente, ca vans sa dire. Quel che è certo è che la regia della sua fuga è sicuramente della moglie Carole, libanese peraltro, la quale avrebbe trovato così il modo per far uscire il marito dal Giappone e per fargli trovare riparo a casa dei nonni (Ghosn ha la tripla cittadinanza: francese, brasiliana e libanese). Ed è certo inoltre che non deve essere stato facile escogitare un piano: l’ex manager di Renault-Nissan viveva in Giappone in libertà vigilata. Ciò significava che, come riporta il New York Times, non poteva contattare i familiari, gli era concesso un uso limitato del telefono, non poteva usare internet – se non nell’ufficio del suo avvocato -giapponese – e gli ingressi della sua casa di Tokyo, dove viveva, erano sorvegliati da telecamere della polizia. A questo si aggiunge il fatto che venisse seguito da investigatori privati (della stessa Nissan) e comunque anche che lui stesso avesse più di una fobia. Pare infatti che anche quando era in libertà, bastasse che qualcuno lo avesse guardato negli occhi più di una volta in un locale pubblico per fargli venire un attacco di panico. E, addirittura, quando uscì di prigione sotto cauzione, per eludere la folla di fotografi e giornalisti aveva tentato (invano) di non farsi riconoscere uscendo dal tribunale vestito da addetto alla manutenzione. Tre suoi amici stretti hanno rivelato comunque che la scena della sua fuga sia stata degna di un film di spionaggio. Siamo nelle feste natalizie. Non ha quindi destato sospetti il fatto che la famiglia avesse deciso di rendergli la libertà vigilata meno oppressiva e avesse chiesto quindi l’accesso in casa di una band di musica gregoriana. Secondo la ricostruzione più accreditata, i musicisti sono entrati con gli strumenti e un grosso contenitore metallico su ruote che serve per proteggerli, e dopo l’esibizione sono usciti di casa tranquillamente sotto lo sguardo vigile della sorveglianza e portando le stesse cose. In realtà, sembra che non fossero nemmeno musicisti – l’inquietante nome della band sembra che fosse ‘Para-Military Group’. A quel punto, sempre secondo ricostruzioni riportate dai media, Ghosn è stato trasportato a Osaka dove ad attenderlo c’era uno jet privato che prima ha fatto tappa a Istanbul e poi ha proseguito verso il Libano. I giapponesi, in particolare Hironaka l’avvocato che rappresenta l’ex numero uno della Nissan, sostengono che fosse improbabile che il magnate fosse potuto scappare senza avere alle spalle una “grande organizzazione”. In altri termini, una grande copertura internazionale, un grosso aiuto da parte di una potenza straniera. Il mistero resta il passaporto con il quale Ghosn sia espatriato: non poteva infatti usare i suoi tre passaporti. Secondo il giornale libanese Annahar, nel Libano è entrato con un passaporto francese ma la notizia non è stata confermata. Il giornale francese Les E’chos ha riferito che Ghosn potrebbe aver lasciato il Giappone sotto falsa identità con un passaporto falso, imbarcandosi su un aereo privato da un aeroporto più piccolo, dove avrebbe avuto meno probabilità di essere riconosciuto. Ma c’è anche un’altra teoria, perché risulta complicato lasciare il Giappone senza destare sospetti, e Ghosn è una persona molto conosciuta. Secondo altre indiscrezioni pare infatti che una volta fuggito, abbia lasciato il paese nipponico avventurandosi con un’imbarcazione nelle acque internazionali per raggiungere la stessa Corea del Nord dove poteva contare sull’appoggio di qualche funzionario o faccendiere locale. E mentre si cerca di ricostruire la fuga di Ghosn, alcuni suoi conoscenti giurano che a sorpresa si costituirà in Francia dove, sempre secondo l’ex magnate e i suoi familiari, potrà contare su un processo più equo. Ghosn si sentiva infatti perseguitato dalla giustizia giapponese che sa essere molto severa.
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