“Si può avere un pò di luce in più, che sembra le Fontanelle… Abbiamo un pò anche sofferto il caldo”. Scherza Riccardo Muti, colloquiando con il pubblico del San Carlo di Napoli che ha applaudito calorosamente alla fine della Suite da Romeo e Giulietta di Segej Prokofiev della prima tappa del suo tour italiano con la Chicago simphony orchestra. “Grandissimo evento. Cosa ci può essere di meglio di Muti al San Carlo. Siamo al top”, sottolinea il ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, nel palco reale con quello dell’Universita’, Gaetano Manfredi (“un evento che conferma la qualità della cultura a Napoli”, nota l’ex Rettore della Federico II), insieme al sindaco, Luigi de Magistris, al presidente della Regione, Vincenzo De Luca, e ai soprintendenti Rosanna Purchia (uscente) e Stephane Lissner. “Incontrero’ Muti, vorrei condividere con lui un percorso e magari anche un progetto sul ‘700 napoletano per i miei prossimi 5 anni”, spiega Lissner. Il programma propone la sinfonia ‘Dal nuovo mondo’ di Antonin Dvorak al teatro pieno, un sold out registrato mesi fa. Lungo l’applauso per tutta l’orchestra, con la quale Muti ha dieci anni di collaborazione da direttore musicale.”Bravo”, “si ‘o meglio”, si sente urlare dalla platea alla fine dell’esibizione della Chicago diretta da Muti. Lunghi minuti di applausi si interrompono bruscamente quando il maestro prende la parola: “Generalmente faccio un discorso – dice – oggi no. Ho fatto mettere più luce perché così i professori di questa orchestra americana ammirassero questo teatro”. Poi il bis, “di due minuti”. “Io sono nato in questa città – spiega la scelta del brano Muti – a via Cavallerizza a Chiaia numero 14. Sono italiano al 100 per cento ma sono un uomo del Sud al 100 per cento. Quindi eseguiremo l’intermezzo da ‘Fedora’ di Celentano, quello dell’aria ‘Amor ti vieta’ (e qui il maestro interroga il pubblico sorridendo e chiedendo di continuare il verso, ndr.). Non posso che dire che amore per questa città vi vieta di non amarla.A Napoli, ho studiato, ho cominciato la mia carriera di direttore d’orchestra, ho fatto i primi passi al San Carlo”, poi il 20 gennaio verra’ Firenze, perché “sono stato nominato a 26 anni direttore del Maggio fiorentino”. Infine, Milano, “dove sono stato quasi 20 anni”. “Tre tappe in tre città che hanno un significato, un peso nella mia vita”, spiega il maestro che tornerà a novembre al San Carlo e poi ancora l’anno prossimo con ‘Don Giovanni’. L’esperienza con l’orchestra del Massimo napoletano per ‘Cosi’ fan tutte’ è stata “buona. L’ho trovata migliorata, con voglia di fare, che e’ la prima condizione per migliorare. Le masse del San Carlo credo debbano rendersi conto di avere una storia gloriosa alle spalle, di aver a una responsabilità. Chi oggi ha il privilegio di sedere, suonare, essere in questo teatro deve avere responsabilità del passato per avere futuro”.A chi gli chiede cosa pensa delle parole del prossimo soprintendente della Scala, Dominique Mayer, che sperava di riportarlo nel lirico milanese, risponde prima glissando, poi entrando nel merito: “Devo dire che se fossi del pubblico mi stancherei di sentire questo ritornello – esordisce – 20 anni in un teatro con risultati discreti sono stati fatti. Un ritorno alla Scala farebbe piacere, ma ci vuole tempo. Ho cominciato con Napoli, poi c’è Firenze, vediamo… Sono stati anni bellissimi, ma sono andato per altre strade dopo la Scala. Sono andato a Chicago, l’anno prossimo sono 50 anni consecutivi che dirigo la Filarmonica di Vienna. Ci sono luoghi e orchestre cui sono legato da una esperienza umana e affettiva…”. Quanto alle polemiche sulle scelte di direttori e soprintendenti esteri, taglia corto: “Io pure, a Chicago, sono ‘estero’. Il mondo è aperto a tutti. L’importante è avere persone capaci”.
Articolo pubblicato il giorno 20 Gennaio 2020 - 07:21