“L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori”: queste alcune parole della ‘definizione d’autore’ che la senatrice a vita Liliana Segre, 90 anni il 10 settembre, superstite dell’Olocausto, testimone da 30 anni della Shoah italiana, sotto scorta da mesi per le minacce, ha scritto per il vocabolario Zingarelli 2020.
La testimone dell’Olocausto cita Antonio Gramsci: “Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. Le parole di un grande intellettuale e uomo politico, Antonio Gramsci, “rendono bene il senso di una malattia morale che può essere anche una malattia mortale. L’indifferenza – ha scritto la Segre – racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori. L’alternativa, diceva Don Milani, è I CARE, “me ne importa, mi sta a cuore”. È il “contrario esatto del motto fascista ‘Me ne frego’”. Con queste parole della senatrice che uscì viva, insieme ad appena altri 24 bambini, dal lager di Auschwitzdi cui il 27 gennaio ricorrono i 75 anni dalla Liberazione, si rivolge a ciascuno di noi e ci mette in guardia: per indifferenza possiamo renderci complici di un orrore senza limiti. Ci mostra, con Don Milani, l’alternativa possibile: “me ne importa, mi sta a cuore”. La tragedia della Shoah è avvenuta nell’indifferenza di chi si sentiva al sicuro e ribadire questo messaggio, come la Segre instancabilmente fa da 30 anni durante i quali è diventata memoria vivente dell’orrore, non può non leggersi monito per tutti, che si tratti di antisemitismo, di razzismo o di qualunque altra situazione in cui voltarsi dall’altra parte ci rende complici.
Articolo pubblicato il giorno 26 Gennaio 2020 - 17:15