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I sindacati dicono no all’ipotesi di superare quota100 fissando in 64 anni di età – anziché i 62 attuali – e 36 o 38 anni di contributi i requisiti per andare in pensione prima, una sorta di ‘quota 102’. L’idea – che il governo accarezza – prevede un ricalcolo per intero delle pensioni future col contributivo (si prende in base ai contributi versati). E quindi un’implicita penalizzazione – un taglio dell’assegno – per chi ancora ricade nel sistema misto e vanta diversi versamenti, fino a 15 anni, nel più vantaggioso retributivo (si prende in base alle ultime retribuzioni). “Proponiamo di tornare allo spirito della riforma Dini che prevedeva un’uscita flessibile da 57 a 65 anni di età, ma solo per i contributivi puri che lavorano dal 1996”, afferma Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, con delega alla previdenza, citato da Repubblica. “Noi chiediamo di applicare questa idea anche ai ‘misti’. E di fissare i requisiti a 62 anni e 20 di contributi. Le persone devono poter scegliere quando lasciare il lavoro dai 62 anni in poi. O a prescindere dall’età con 41 anni di contributi”. L’esponente Cgil afferma: “Non faremo barricate come in Francia, ma certo siamo pronti alla mobilitazione permanente”.
Articolo pubblicato il giorno 12 Gennaio 2020 - 19:07