“No, non escludo un rinvio sul Mes”. In un’intervista al Corriere della Sera rilasciata durante la sua visita a Londra, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte apre alla possibilità che l’Italia chieda un rinvio dell’approvazione della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. E ribadisce: “Io non ho firmato ancora nulla, tantomeno una cambiale in bianco. E sino a quando non si appone una firma ci sono sempre margini per migliorare un Trattato, non mi interessa se gli altri Paesi considerano chiuso l’accordo”. Puntando sempre sulla logica di pacchetto: “Se tu mi porti un progetto sull’unione bancaria che all’Italia non piace, io non firmo il Mes, e non è un ricatto, questa è logica di pacchetto, mettere in discussione tutto. State sicuri che non ci faremo fregare”. Insomma, “non escludo” un rinvio, anche se “abbiamo già evitato tante insidie: io non ho abbracciato fideisticamente il Mes, però bisogna dire che esiste già”. Nella trattativa “ci siamo battuti perchè la valutazione del debito non fosse automatica”, e comunque “l’Italia ha un debito sostenibile e il Mes si attiva su base volontaria”. Il premier chiede dunque di “evitare la fanfara propagandistica” sulla questione, che ha il solo effetto di far salire lo spread. Ma alla domanda se la riforma sia utile al Paese, Conte sfugge: “Abbiamo evitato dei peggioramenti, gli aiuti engono dati direttamente alle banche senza influenza sul debito”. Ma se si arriverà a un veto, a deciderlo può essere solo il Parlamento, dove “Di Maio dice che il M5s è l’ago della bilancia: è giusto, sottoscrivo. Io credo che la loro volontà sarà assolutamente rispettata”, assicura Conte che però avverte: “Ma anche quella delle altre forze politiche. Per andare avanti serve l’accordo tra tutte le forze che sostengono il governo”. Stesso discorso sulla prescrizione: “Stiamo lavorando ad un compromesso. La prescrizione col primo grado di giudizio è una soluzione assolutamente sostenibile ma sicuramente va corredata con misure di garanzia che assicurino la ragionevole durata del processo”. E anche se la riforma della prescrizione entra in vigore tra un mese, “c’è un arco di almeno un paio di anni” per fare entrare in vigore misure che garantiscano una durata ragionevole del processo.
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