Il 30 luglio 1996 fu trovato agonizzante in campagna nel comune di Marcianise. Agli agenti che si erano avvicianati, provò a raccontare con il filo di voce che gli era rimasto quello che era accaduto. Vittorio Rega, 30enne geometra casertano, era una vittima innocente di un agguato, colpito da sicari perché i killer scambiarono la sua Fiat Panda di colore bianco con quella di un loro obiettivo reale. A 23 anni da quel delitto, la Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha confermato le pene per i due killer, Pasquale Cirillo e Antonio Bruno, i quali sono stati condannati rispettivamente a 30 e 20 anni. La squadra Mobile di Caserta e la Dda riaprirono il caso nel 2018 dopo le dichiarazioni del mandante dell’agguato, il boss Domenico Belforte, il quale poi ha perso lo status di collaboratore di giustizia, e per l’omicidio si è visto comminare 20 anni in un processo stralcio. Belforte ricostruì come l’agguato fosse stato progettato nel corso della faida per il controllo di Marcianise tra la sua cosca e il clan Piccolo. A morire quel giorno doveva essere Giovanbattista Tartaglione, storico affiliato al clan Piccolo. Tartaglione fu poi ucciso e il suo corpo fu trovato carbonizzato nelle campagne di Caivano due mesi dopo l’assassinio di Vittorio Rega.
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